Secondo una recente inchiesta del Wall Street Journal, la Cina avrebbe isolato il Covid oltre due settimane prima che Pechino annunciasse il virus con tutti i relativi dettagli al mondo intero. Stando a quanto emerge dalla ricerca effettuata dai giornalisti della testata, i ricercatori avrebbero mappato il Coronavirus già a dicembre del 2019.

Covid isolato in Cina 15 giorni prima dell’annuncio: l’inchiesta del Wall Street Journal

In Cina ricercatori, scienziati, esperti e professionisti del settore avrebbero isolato il Covid alla fine del 2019, dunque due settimane prima – o meglio, 15 giorni prima – dell’annuncio ufficiale della nuova pandemia da parte delle autorità e del governo di Pechino.

A rivelarlo sono stati i giornalisti della famosa testata Wall Street Journal. Essi hanno avuto la possibilità di visionare una serie di documenti relativi al Coronavirus Sars-CoV-2. Documenti che il Dipartimento della Sanità americano aveva ottenuto da una commissione della Camera dei Rappresentanti Usa.

Questi file sembrano proprio di mostrare che il Paese asiatico avrebbe mappato il virus (il quale poi, in breve tempo, si è diffuso a livello globale provocando milioni di morti in tutto il mondo) negli ultimi giorni del 2019 e non nelle prime settimane di gennaio del 2021.

Nello specifico, secondo quanto emerge dalla ricerca dei giornalisti, il 28 dicembre del 2019 sarebbe stata caricata la sequenza quasi completa della struttura in un database medico gestito proprio dagli Stati Uniti d’America.

Il problema però e che la Cina ha condiviso la sequenza con gli specialisti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità solo l’11 gennaio successivo. L’11 marzo del 2020 poi l’Oms ha dichiarato la pandemia.

Nelle settimane precedenti intanto i funzionari della Cina avevano parlato di una epidemia partita da Wuhan che si stava diffondendo sempre di più. In particolare si discuteva a proposito di una misteriosa polmonite virale con un’origine sconosciuta.

I dubbi

Tale inchiesta così non fa altro che sollevare nuovi punti interrogativi su ciò che Pechino probabilmente sapeva già da giorni ma non aveva rivelato al mondo intero. Proprio questa presunta segretezza potrebbe essere stata cruciale nella diffusione del virus.

In quel periodo, ad esempio, risultava essere ancora aperto il famoso mercato di Huanan. Non c’era stata alcuna chiusura. Oggi tutti noi conosciamo tale luogo in quanto, proprio qui, c’è stato uno dei primi e più importanti focolai di Coronavirus.

Cosa emerge dall’inchiesta

Secondo quanto scritto sul Wall Street Journal, a mappare per prima il virus sarebbe stata la ricercatrice Lili Ren dell’Institute of Pathogen Biology di Pechino. Il giornale precisa inoltre che le notizie a proposito della mappatura del virus non hanno influenza sul dibattito che riguarda la sua origine e sulla tanto discussa ipotesi della fuga da laboratorio.

In ogni caso, il dibattito oggi si concentra su un punto ben preciso: è vero che la Cina aveva mappato il Coronavirus già a dicembre del 2019? E se la risposta è positiva, come mai i dottori e gli esperti non lo hanno comunicato a chi di dovere? O forse lo hanno fatto? Che cosa è successo esattamente?

Le domande a proposito di tale vicenda sono davvero molte. Due settimane in più forse potrebbero essere state decisive nell’adottare misure di contenimento del virus. Gli esperti oggi ribadiscono che è davvero fondamentale fornire tutte le informazioni in modo tempestivo ed adeguato, cosa che la Cina sembra non aver fatto secondo quanto emerso dall’indagine del giornale.

Ad intervenire sul tema è stato, in Italia, Matteo Bassetti, direttore di Malattie infettive dell’ospedale Policlinico San Martino di Genova. Ai microfoni di Adnkronos Salute, il dottore oggi ha affermato che qualora il fatto fosse vero, sarebbe qualcosa di “gravissimo” aver ritardato di 14 giorni le comunicazioni.

Un fatto che, secondo il medico, andrebbe condannato da tutta quanta la comunità scientifica internazionale.