Le indagini relative all’omicidio di Anica Panfile, trovata morta il 21 maggio scorso in un’ansa del fiume Piave, a Treviso, hanno portato all’arresto del 77enne Franco Battaggia, suo ex datore di lavoro; sono tanti, però, gli aspetti ancora da chiarire, a partire dal movente. Secondo la Procura, la donna di origini romene potrebbe essere stata uccisa per un debito legato a questioni di droga.

Anica Panfile uccisa a Treviso: l’ipotesi della Procura sul movente

Gli inquirenti escludono che quello di Anica Panfile sia stato un omicidio preterintenzionale, avvenuto “per sbaglio” al culmine di un pestaggio. Ma escludono anche che sia stato un delitto premeditato. Sono convinti cioè che il suo assassino abbia agito perché colto da un raptus, dopo aver fatto uso di sostanze.

Probabilmente nel corso di una discussione scoppiata a causa di un debito legato a questioni di droga. Sembra che la 30enne ne facesse uso, così come l’uomo sospettato di averla uccisa, il 77enne Franco Battaggia, suo ex datore di lavoro. Lo riporta il Gazzettino Veneto.

L’uomo, noto nel Trevigiano per essere il titolare di una pescheria, ha alle spalle diversi precedenti. Sarebbe stato incastrato dalle tracce biologiche rinvenute lo scorso giugno sul materasso di uno dei letti della sua abitazione, dove la vittima, stando ad alcuni testimoni, avrebbe dovuto recarsi proprio il giorno dell’omicidio.

Fin da subito era finito nel mirino degli inquirenti, a cui, interrogato, aveva raccontato di aver visto la 30enne – che saltuariamente lo aiutava con le pulizie – e di averla poi accompagnata all’appuntamento con un’altra persona, di cui non conosceva l’identità. È probabile che stesse cercando di depistare le indagini e di allontanare da sé i sospetti.

I risultati dell’autopsia

Dopo il ritrovamento del corpo della 30enne da parte di un pescatore e il riconoscimento della salma, si era subito pensato a un caso di suicidio. Poi le indagini e i racconti dei familiari – secondo cui la donna non avrebbe mai abbandonato i suoi quattro figli – avevano portato la Procura ad aprire un fascicolo d’inchiesta per omicidio contro ignoti. Fondamentale in tal senso erano stati i risultati dell’autopsia.

La giovane mamma sarebbe stata uccisa a mani nude, con pugni e calci, in un luogo diverso da quello in cui il suo corpo è stato rinvenuto. Nei suoi polmoni, infatti, non era presente – al momento degli accertamenti – una quantità di acqua sufficiente a far pensare che fosse morta per annegamento. Il sospettato, come detto, è Franco Battaggia, già finito in carcere per l’omicidio di un pastore abruzzese di 30 anni, Vincenzo Ciarelli, consumatosi negli anni Ottanta.

Il giallo del possibile complice

Ciò che bisogna chiarire è se l’uomo, legato, in passato, alla Mala del Brenta, abbia beneficiato dell’aiuto di uno o più complici. Sembrerebbe suggerirlo il fatto che abbia spostato il cadavere della 30enne, che pesava un’ottantina di chili. Ce l’avrebbe fatta, da solo?

Se è stato lui ritengo possibile che qualcuno lo abbia aiutato. Per quanto sia un uomo in eccellente forma fisica penso che sarebbe improbabile che una persona di 77 anni riesca a muovere il corpo di una donna che pesava oltre 80 chili,

ha suggerito il legale che assiste il compagno della vittima, l’avvocato Fabio Amadio. Lo riporta Treviso Today. A confermare o a smentire i suoi sospetti saranno le indagini, che ora dovranno fare luce proprio su questi aspetti. Si aspetta, intanto, la convalida del fermo di Battaggia, che seguirà al suo interrogatorio con il gip.

L’uomo potrebbe accettare di rispondere alle domande che gli verranno poste, avvalersi della facoltà di non rispondere oppure rilasciare delle dichiarazioni spontanee, come aveva fatto Filippo Turetta, reo confesso dell’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin a Vigonovo, quando era stato il suo turno di essere interrogato. Poi si conosceranno i reati che gli vengono contestati.