Prenderanno il via oggi, dopo l’assegnazione dei vari incarichi da parte del pm Andrea Petroni, le super perizie sugli oggetti rinvenuti all’interno dell’auto di Filippo Turetta, reo confesso dell’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, e sui supporti informatici finora sequestrati nel corso delle indagini: non solo il computer e lo smartphone del 22enne, ma anche i pc della famiglia e della vittima e gli smartphone delle sue amiche. A renderlo noto è il Gazzettino Veneto.

Omicidio Giulia Cecchettin, al via le perizie su auto e dispositivi informatici

Si tratta di accertamenti tecnici irripetibili sia dal punto di vista biologico che informatico e serviranno a dare una risposta ad alcuni degli interrogativi che ancora ruotano attorno al brutale omicidio della 22enne di Vigonovo, consumatosi la sera dell’11 novembre scorso.

Innanzitutto saranno analizzate le tracce di sangue rinvenute all’interno dell’abitacolo dell’auto di Filippo Turetta, arrivata in Italia dalla Germania dopo settimane dal suo arresto; poi i coltelli con cui, secondo gli inquirenti, il giovane potrebbe aver colpito a morte l’ex fidanzata in quelli che il gip aveva definito “due atti di inaudita ferocia”, prima in un parcheggio a circa 150 metri di distanza dall’abitazione della giovane e poi nella zona commerciale di Fossò.

Fondamentale sarà poi l’analisi dei vari dispositivi elettronici finora sequestrati nel corso delle indagini. Attraverso di essa, infatti, potranno emergere nuovi elementi, soprattutto sulla premeditazione del delitto, per il momento non contestata al giovane di Torreglia, ma anche della sua fuga, terminata circa una settimana dopo nei pressi di Lipsia.

Il pm Andrea Petroni ha affidato i due incarichi al colonnello Giampietro lago, comandante dei carabinieri del Ris di Parma, e al maresciallo Gibin. Per concludere le perizie serviranno almeno 45 giorni. Poi le relazioni saranno depositate in Procura.

Le accuse a carico di Filippo Turetta

Per il momento il killer, reo confesso, è accusato di sequestro di persona e omicidio volontario aggravato dal vincolo affettivo che lo legava alla vittima. Rischia, però, nuove accuse: dall’occultamento di cadavere – per aver nascosto il corpo della giovane in un canalone nei pressi del lago di Barcis, coprendolo con dei sacchi neri per l’immondizia e rendendolo praticamente invisibile dal bordo strada – alla premeditazione.

Non si esclude poi il riconoscimento dell’aggravante della crudeltà che, comportando la pena dell’ergastolo (come la premeditazione), non consentirebbe a Turetta di richiedere il rito abbreviato e di accedere al relativo sconto di pena. È lo scenario che in molti prospettano, tenendo conto dell’orrore del delitto da lui commesso: dal sequestro della giovane dopo un’uscita all’uccisione e al conseguente abbandono del cadavere in montagna.

L’ossessione del reo confesso nei confronti della vittima

Ciò su cui si nutrono meno dubbi è il movente. Stando a quanto emerso finora, sembra infatti che Turetta fosse ossessionato dalla ragazza che lo aveva lasciato e che la ricattasse emotivamente per convincerla a vederlo e a sentirlo.

Le diceva che altrimenti si sarebbe ammazzato. Lei avrebbe voluto costruirsi una nuova vita, allontanarlo. Lo aveva detto esplicitamente alle amiche in un audio inviato poche settimane prima dell’omicidio, con la voce rotta dal pianto.

Era stanca di lui, ma forse non si aspettava che sarebbe arrivato a tanto. Non se lo aspettava nessuno, nonostante i campanelli d’allarme. Dopo la fine della loro relazione Turetta si era fatto sempre più insistente, venendo convinto dalla giovane a farsi visitare da uno psicologo.

Lo avrebbe visto per cinque volte, prima di commettere il delitto, parlandogli dei suoi problemi con lo studio e con Giulia. Avrebbe dovuto tornarci il 17 novembre scorso, quando era già latitante da una settimana: di lì a poco sarebbe stato fermato e trasferito in carcere, dove tuttora si trova, a Montorio.