Non una stretta per gli influencer, dopo la bufera che ha travolto l'(ex?) regina della categoria, Chiara Ferragni; ma regole “necessarie” su cui la consultazione era in atto da tempo. Le linee guida Agcom, approvate lo scorso 10 gennaio, obbligano i content creator- con determinate caratteristiche- a rispettare il Testo unico sui servizi media audiovisivi.

In particolare ciò che riguarda la trasparenza e correttezza delle comunicazioni commerciali, la tutela dei minori e dei diritti della persona e la trasparenza delle informazioni. Bandite tecniche subliminali: sarà necessario garantire “la presentazione veritiera dei fatti”. Sono previste multe, fino a 600mila euro, per chi non si attiene alle direttive.

Ma cosa pensano gli influencer di queste linee guida? Lo abbiamo chiesto a Jacopo Ierussi, avvocato e presidente di Assoinfluencer, l’associazione di categoria, che ha sottolineato: “Siamo favorevoli, ma su alcuni elementi è necessario intervenire.”

Linee guida influencer Agcom, il presidente di Assoinfluencer Ierussi: “Bisogna ancora lavorare su alcuni aspetti”

“Da parte nostra l’intervento di Agcom è stato sicuramente costruttivo, anche perché c’è stata una fase di consultazione pubblica iniziale che ci ha visto interlocutori diretti. Abbiamo partecipato, sia con un contributo scritto che con un’audizione orale” spiega Jacopo Ierussi.

“Sicuramente ci sono dei punti delle linee guida che ci vedono favorevoli. Altri, su cui c’è probabilmente necessità di intervento, devono essere oggetto di un nuovo confronto. Proprio per questo Agcom ha aperto un tavolo tecnico ad hoc a cui prenderemo parte.”

Ma quali sono, quindi, le linee guida che devono essere riviste, secondo l’associazione? “Ad oggi l’elemento sui cui bisogna intervenire- e che è stato oggetto di critica- è quello legato al presupposto della soglia, che prevede per l’influencer: un milione di follower su più piattaforme; il rate engagement (ossia la capacità di coinvolgimento di un contenuto, ndr) del 2% su una di queste; e 24 contributi minimi nel corso di un anno. Quest’ultimo aspetto però mi pare sensato, è un principio di assiduità che ci si aspetta da un qualsiasi content creator che vive di questa professione. In generale, però, noi non siamo favorevoli a una soglia, ma preferiremmo- anche se può sembrare strano da un’associazione di categoria- un sistema diffuso, che dia maggiore stabilità e certezza a quello che è l’intervento dell’autorità nei confronti dell’utente finale, rispetto invece a criteri molto volatili” spiega Ierussi.

“Agcom, inoltre, potrebbe individuare meglio le piattaforme a cui si fa riferimento: oggi c’è ancora il dubbio se WhatsApp possa rientrare tra queste. Può sembrare una sciocchezza, ma non lo è. Ad esempio Telegram che è nato come app di messaggistica, ad oggi è diventato un social network.”

Caso Ferragni- Balocco, Ierussi: “Vediamo dove porteranno gli accertamenti sulla vicenda”

Il ‘pandoro gate’, che ha coinvolto l’imprenditrice digitale Chiara Ferragni e l’industria dolciaria Balocco, è ormai diventato un caso nazionale, su cui sta indagando la Procura di Milano. “Ma c’è da sottolineare che la situazione è ancora in pending” afferma il presidente di Assoinfluencer. “Fintanto che ci sono un procedimento e un’istruttoria non ancora chiusi, anticipare la sentenza non ha mai portato a niente di buono. Il caso Kevin Spacey, secondo me, insegna”.

C’è un dettaglio che l’avvocato Ierussi intende evidenziare. “Questa storia ha dimostrato che delle regole c’erano anche prima, a dispetto di chi continuava a sostenere che non ci fosse alcun obbligo per i content creator. In secondo luogo, porterà a quella che può essere definita una ‘best practice’: tenere distanti il mondo del marketing e quello della beneficenza. Non dico debbano viaggiare su linee parallele, ma proprio su binari distanti e ben distanti”.

Quanto accaduto a Chiara Ferragni ha penalizzato il mondo degli influencer? “La vicenda ha finito per penalizzare semplicemente i soggetti coinvolti, Chiara Ferragni e Balocco” sottolinea. “Purtroppo in Italia la percezione degli influencer è da sempre negativa, senza ragione: c’è una visione della collettività basata su tantissimi falsi presupposti.”

Qualche esempio? In molti pensano che, per diventare influencer, “basti accendere una webcam: allora saremmo tutti ricchi e scemi noi a non farlo” evidenzia Ierussi. “Non è assolutamente così. La verità è che fare questo mestiere significa essere in grado di reinventarsi continuamente, studiare molto, usare tools di ultima generazione, farsi una cultura, essere sempre informato e rinnovare i format. Un po’ come dire che, per fare il giornalista, basti spingere dei tasti su una tastiera. La realtà è ben più complessa di quello che si pensa.”