L’autonomia differenziata approda il 17 gennaio al Senato.
Il disegno di legge dovrebbe cambiare gli assetti istituzionali e aumentare il grado di autonomia delle regioni.
Autonomia differenziata, cui prodest?
La possibile riforma è stata definita come una legge puramente procedurale che dovrebbe semplicemente mettere in atto la modifica del titolo V della Costituzione in vigore dal 2001 e ciò è declinato in dieci articoli in cui viene definito il percorso per giungere ad una corretta intesa fra lo Stato e le Regioni che chiederanno l’autonomia differenziata -per cui, se la proposta diventerà legge verrà applicata solo su richiesta-.
Cosa dice la maggioranza
La maggioranza trasmette tranquillità, informando che i livelli essenziali delle prestazioni -detti LEP- saranno garantiti. Quindi una grande parte dei servizi attribuibili al LEP, ossia la sanità, i trasporti, la scuola piuttosto che la protezione civile, continueranno ad essere erogati con una regia a livello nazionale ed in modo uniforme su tutto il territorio della nostra penisola.
Dario Gagioni, deputato sardo della Lega, di cui fa parte Roberto Calderoli che è il “padre” di questa potenziale riforma afferma che la Sardegna, per fare un esempio legato ad una regione insulare, avrà solo vantaggi, ossia saranno garantiti più servizi e più risorse.
Cosa dice l’opposizione
L’opposizione invece è scesa in piazza martedì 16 gennaio al fianco dei sindaci del sud e delle isole eletti nel centro sinistra e nel Movimento 5 Stelle (tranne pochi casi di primi cittadini provenienti da liste legate alla maggioranza), contestando il fatto che, se la proposta dell’autonomia differenziata dovesse diventare legge, spaccherebbe il Paese rendendo ancora più profondo il solco che già divide le isole ed il sud dal centro e dal nord.
Secondo Marco Meloni, senatore del PD, la riforma ridurrà le risorse disponibili per lo Stato centrale e quindi il denaro che andrà alle regioni che decideranno di utilizzare l’autonomia differenziata non sarà più sufficiente. In termini numerici si calcola che la proposta di revisione del Pnrr ottenuta dal ministro Raffaele Fitto colpirà soprattutto le regioni del Sud, che subiranno un taglio di 7,6 miliardi, la metà dei 15,9 che si prevede di ridurre.
Questa è l’opinione di Azione nelle parole di Calenda
Di un avviso ancora diverso la posizione di Carlo Calenda di Azione, affermando che la legge proposta da Calderoli non avrà modo nemmeno di iniziare a lavorare, dato che mancano i soldi per finanziare i cosiddetti LEP; secondo Calenda, questa proposta di legge è solo pubblicità pro Lega in previsione della campagna elettorale per le prossime elezioni europee.
Sempre secondo Calenda, per quanto riguarda i partiti di sinistra li definisce distratti e disattenti perché sono stati loro ad iniziare il processo dell’autonomia differenziata e adesso non si accorgono che le finanze sono poche e quindi la legge non può essere applicata.
E i sindacati da che parte stanno?
Anche sul fronte dei Sindacati la proposta non è vista di buon occhio: la UIL da parte del suo segretario nazionale Pierpaolo Bombardieri che ha parlato dal Veneto, dato che si trovava lì per un evento a cui ha partecipato, si dice dubbiosa del buon esisto delle regole proposte dal disegno di legge sull’autonomia differenziata per quello che riguarda la questione dell’uguaglianza da garantire ai cittadini seppur attraverso il cappotto dell’autonomia regionale.
Sempre secondo il segretario della UIL, c’è ancora troppa disparità fra le varie zone d’Italia che dovrebbe essere annullata prima che lo Stato possa concedere alle regioni di agire in autonomia su più materie.
Da notare invece la posizione possibilista di Renato Toìgo segretario regionale della UIL del Veneto che riflette la volontà perlomeno di alcune regioni di poter usufruire di una maggiore autonomia decisionale.