Anche nel 2024 si avrà uno stipendio più alto se si rinuncia ad andare in pensione con quota 103. È quanto prevede il cosiddetto “bonus Maroni”, dal nome dell’ex ministro che aveva previsto un simile meccanismo premiante per chi rimandasse la pensione. Ma, come nello scorso anno, l’aumento della busta paga mensile deve essere confrontato con un’altra misura che ha trovato conferma per il 2024, ovvero quella del taglio del cuneo fiscale.

Anche per questo meccanismo, c’è la possibilità di ridurre la quota dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori per avere uno stipendio netto nel cedolino di busta paga più alto. La misura sarà applicata per tutto il nuovo anno alle percentuali del 6% e del 7%. Confrontando le due misure, quale risulta essere la scelta più conveniente?

Stipendio più alto senza pensione a quota 103, intreccio nel 2024 con il taglio cuneo fiscale: cosa conviene fare?

Tempo di conti per valutare quale sia più conveniente tra le misure che permettano di avere uno stipendio più alto con i tagli ai contributi a carico dei lavoratori alle dipendenze. Nel dettaglio, anche nel 2024 chi rimanda la pensione con quota 103 e continua a lavorare, ha la possibilità di optare per il bonus “Maroni”, la misura che azzera i contributi a proprio carico addebitati in busta paga ma con riflessi sulla futura pensione. In questo modo, il lavoratore ha uno stipendio netto più alto a fine mese avendo rimandato la pensione pur avendo maturato i requisiti della pensione con quota 103 (62 anni di età e 41 anni di contributi versati).

Tuttavia, per un lavoratore che si trovi nelle condizioni di poter andare in pensione in anticipo, occorrerà fare una scelta ponderando i vantaggi che già si hanno con il taglio del cuneo contributivo del 7% per retribuzioni fino a 25mila euro lordi all’anno (pari a 1.923 euro lordi al mese) e del 6% per le retribuzioni da 25mila a 35mila euro (pari a lordi da 1.923 a 2.962 euro).

Per tutti i lavoratori alle dipendenze che rientrino in questi tetti di retribuzione, lo sconto prevede la sottrazione dal 9,19% dei contributi Inps a proprio carico del 6% o del 7%, a seconda della retribuzione annuale. Questa seconda misura non ha riflessi sulla pensione futura perché i contributi non versati sono finanziati dallo Stato.

Stipendio pensione quota 103, cosa succede se si attiva solo il taglio del cuneo fiscale?

I ragionamenti che deve fare un lavoratore dipendente che può andare in pensione nel 2024 con la quota 103, sono i seguenti:

  • se ha una retribuzione lorda all’anno superiore a 35mila euro, ovvero di oltre 2.962 euro lordi al mese, e attiva il bonus “Maroni”, lo stipendio aumenta grazie allo sconto sui contributi ma il minor quantitativo di contributi versati fa diminuire la futura pensione una volta uscito dal lavoro;
  • nel caso in cui la retribuzione sia al di sotto dei 35mila euro lordi all’anno (ovvero meno di 2.692 euro lordi al mese), il taglio del cuneo fiscale comporta uno sconto del 6% o del 7% con aumento dello stipendio in busta paga, mentre la pensione rimane invariata se il lavoratore, oltre a rimandare la pensione, rinuncia al bonus “Maroni”.

Pensioni, cosa avviene al futuro assegno con il bonus ‘Maroni’ e quanto conviene

Infine, per retribuzioni mensili fino a 2.962 euro lordi al mese e attivazione dell’opzione per avere il bonus sui contributi, la retribuzione netta ha un aumento e la futura pensione una riduzione calcolati sulla differenza tra la percentuale di contribuzione a carico dei lavoratori (9,19 per cento) e la percentuale di sconto contributivo (del 6% o del 7%, a seconda del livello di retribuzione). La corrispondente percentuale è pari al 3,29% o al 2,19% a seconda della parte dei contributi previdenziali non versati.

L’attivazione di tutte e due le opzioni (taglio del cuneo fiscale e bonus “Maroni” per chi ha maturato i requisiti della pensione a quota 103 ma abbia rimandato l’uscita) comporta, ai fini della futura pensione, un impatto che può essere classificato come ridotto.