Per chi crea contenuti che andranno poi a popolare i social media, è molto importante riuscire a monetizzare il frutto del proprio ingegno. Purtroppo, però, ad oggi non è assolutamente così e a trarre giovamento dai contenuti sono esclusivamente le grandi piattaforme come Facebook e YouTube.
La polemica sul tema è da tempo infuocata e va in pratica a riflettere quella relativa ai dati, con la centralizzazione sotto accusa. E, come nel caso delle informazioni, proprio dal settore dell’innovazione finanziaria si sta cercando di organizzare un tentativo di riscossa, teso a restituire la proprietà e la sovranità dei dati agli utenti, sottraendolo alle grandi aziende centralizzate. Andiamo a vedere come.
SocialFi: di cosa si tratta?
Il termine SocialFi scaturisce dall’unione di “social media” e “finanza” e fa immediatamente capire lo stretto legame tra i due ambiti. Il principio che la informa è quello teso a consentire agli utenti di dare vita ad interazioni su una piattaforma di social media, con il preciso intento di remunerarle.
Un esempio tipico di SocialFi è quello in cui i creatori sono in grado di limitare l’accesso ai propri contenuti, mettendoli a disposizione esclusivamente agli utenti disposti a pagare. Nel farlo, non devono passare attraverso un intermediario centralizzato, ma possono stabilire un’interazione diretta con chi è interessato ai loro contenuti.
Ad assumere la responsabilità della governance del protocollo sono le Autonomous Decentralized Organization (DAO), mentre a determinare la proprietà digitale dei contenuti esclusivi sono gli NFT (Non Fungible Token)
La necessità della SocialFi
I social media hanno dato vita ad una vera e propria rivoluzione nel settore della comunicazione e dei contenuti. Questi ultimi, però, non hanno trovato il modo di essere remunerati il giusto sulle attuali piattaforme Web2, che sono centralizzate e abusano della loro rendita di posizione.
Non solo approfittano della propria posizione di forza imponendo pratiche discriminatorie nei confronti dei contenuti che non sono mainstream, ma pongono problemi di non poco conto per quanto riguarda la monetizzazione delle informazioni.
Queste difficoltà dovrebbero essere bypassate dal Web3, con una ridefinizione delle interazioni sociali basata sull’introduzione di social token, coi quali i content creator potranno essere ricompensati per il lavoro svolto.
In questo nuovo modello, gli utenti non saranno più attori passivi, ma protagonisti nel processo economico delle piattaforme. La tokenizzazione che ne risulterà avrà una conseguenza di grande portata, lo spostamento dei rapporti di forza.
Nella nuova situazione, i creatori di contenuti non dovranno più dipendere da entità centralizzate, con la possibilità di essere da queste sacrificate al potere politico e finanziario. E, soprattutto, potranno mettere a frutto le proprie creazioni, senza doverne cedere la sovranità. Il risultato finale dovrebbe concretizzarsi in un ecosistema sociale improntato a equità e trasparenza, con una crescita in termini di influenza degli individui.
In questo quadro, ci dovrebbe essere anche un ulteriore corollario, quello rappresentato dalla possibilità di aggirare i tentativi di censura e affidare la moderazione dei contenuti alla collettività. Caratteristiche che, nel Web2, sono state pesantemente sacrificate alla centralizzazione.
SocialFi: quali i vantaggi?
Da quanto abbiamo detto sin qui, non sembra difficile comprendere la reale importanza della SocialFi. Importanza che, del resto, può essere dedotta dalla lunga serie di vantaggi che offre, ovvero:
- la decentralizzazione dell’archiviazione dei dati. Le informazioni saranno memorizzate sulla blockchain, impedendone un utilizzo distorto da parte di entità centralizzate;
- la tokenizzazione delle ricompense, di cui potranno beneficiare sia i content creator che gli utenti, per la creazione dei contenuti, la loro condivisione e l’interazione che ne potrà risultare;
- il controllo sul copyright, che è ormai una consuetudine sulle piattaforme centralizzate del Web2;
- la possibilità di sfuggire a tentativi di censura. A gestire le piattaforme decentralizzate saranno le DAO, riducendo la possibilità di un deplatforming che è diventato in pratica consuetudine su Facebook e altri social, per chi canta fuori dal coro;
- quella di preservare il diritto all’espressione considerato un diritto politico irrinunciabile.