Viviamo nell'epoca del riscatto femminile, nella vita quotidiana come nel nostro immaginario. E sarebbe anche ora, visti i risultati discutibili - per usare un eufemismo... - raggiunti dal nostro pianeta dopo millenni a piena trazione maschile. Secondo Willem Dafoe, Povere creature di Yorgos Lanthimos racconta proprio questa "liberazione", come spiega l'attore giunto a Roma per presentare la pellicola.
Fresco della sua stella sulla Hollywood Walk of Fame, Willem Dafoe è arrivato a Roma per presentare Povere creature, film di Yorgos Lanthimos, trionfatore ai recenti Golden Globes, nel quale interpreta il personaggio di Godwin Baxter, che ricorda molto da vicino il dottor Frankenstein.
Il film, accolto tra i consensi di pubblico e critica all'ultima Mostra del Cinema di Venezia, dove ha conquistato il Leone d'Oro al Miglior Film, racconta la storia di Emma Baxter (Emma Stone), figura femminile interprete di un messaggio di emancipazione dal controllo e dalla sudditanza nei confronti degli uomini che la circondano.
Dafoe sottolinea proprio questo aspetto della pellicola, cioè il suo essere al passo di un mondo che sta provando a cambiare, proprio sul piano dei ruoli ricoperti da donne e uomini.
Un film così calato in quest'epoca di cambiamenti, che l'attore ammette di non sapere se, vent'anni fa, avrebbe ricevuto la stessa, entusiastica accoglienza.
Tuttavia, precisa, per raccontare una simile "liberazione" è necessario, in primo luogo, mostrare la coercizione. Lanthimos lo fa senza remore ma anche con un gusto per il grottesco che punta a ridicolizzare la supremazia maschile. Una raffigurazione in cui molti si riconosceranno.
Quando gli viene chiesto se Lanthimos sia paragonabile ad altri 'mostri sacri' con cui ha condiviso parte della sua carriera - da William Friedkin per Vivere e morire a Los Angeles a David Lynch in Cuore selvaggio, fino a Lars Von Trier in Antichrist e David Cronenberg in eXistenZ - Dafoe, non ha alcun dubbio.
Dafoe chiarisce meglio il concetto quando spiega di non avere un ruolo che vorrebbe interpretare: per lui la cosa più importante è il processo di creazione di un personaggio.
Dafoe affronta, poi, il suo personaggio, il dottor Godwin Baxter, una figura apparentemente vicina al dottor Frankenstein creato da Mary Shelley ma che, per l'attore, presenta una differenza fondamentale da quest'ultimo.
Entrambi i genitori di Dafoe erano medici, con suo padre che era uno stimato chirurgo e l'attore ritiene che questo potrebbe aver creato "un legame particolare" per lui con il film.
Quando gli viene chiesto se Lanthimos sia paragonabile ad altri 'mostri sacri' con cui ha condiviso parte della sua carriera - da William Friedkin per Vivere e morire a Los Angeles a David Lynch in Cuore selvaggio, fino a Lars Von Trier in Antichrist e David Cronenberg in eXistenZ - Dafoe, non ha alcun dubbio.
Dafoe chiarisce meglio il concetto quando spiega di non avere un ruolo che vorrebbe interpretare: per lui la cosa più importante è il processo di creazione di un personaggio.
Dafoe affronta, poi, il suo personaggio, il dottor Godwin Baxter, una figura apparentemente vicina al dottor Frankenstein creato da Mary Shelley ma che, per l'attore, presenta una differenza fondamentale da quest'ultimo.
Entrambi i genitori di Dafoe erano medici, con suo padre che era uno stimato chirurgo e l'attore ritiene che questo potrebbe aver creato "un legame particolare" per lui con il film.
Parlando di un'industria che lo vede protagonista da ormai oltre quarant'anni, Dafoe offre anche il suo modesto contributo al dibattito sull'attuale direzione dell'audiovisivo, con l'avvento dello streaming a determinare nuovi modi di produzione e fruizione di film.
L'attore non è convinto che le piattaforme comportino necessariamente una riduzione degli spazi per il cinema d'autore ("Quest'anno sono usciti numerosi bei film, alcuni dei quali finanziati anche dalle piattaforme di streaming") ma fa sua la battaglia per la difesa dell'esperienza cinematografica all'interno delle sale.
E, a proposito del mondo del cinema di cui fa parte, la stella sulla 'Walk of Fame' è un riconoscimento dato a una carriera straordinaria ma, per lui, rappresenta qualcosa di più: il segno di appartenenza a una comunità. Sebbene ammetta di avere qualche difficoltà ad "accettare che quella 'mattonella' mi sopravviverà".
"Mi sono sentito davvero parte di una comunità. Una sensazione che è difficile provare, soprattutto perché, come attore, sono abituato a partecipare a produzioni nazionali o internazionali, con budget grandi o piccoli, senza avere, quindi, una comunità specifica a cui appartenere. Una stella sulla Walk of Fame, invece, viene universalmente riconosciuto come un tributo estremamente importante".
E di questa comunità fa parte anche Emma Stone, con cui si è trovato a collaborare per la prima volta e per la quale Dafoe ha solo parole di elogio.