Il 2024 porta diverse novità per i dipendenti pubblici italiani, soprattutto in termini di pagamento del Trattamento di Fine Servizio (TFS) e del Trattamento di Fine Rapporto (TFR). Queste modifiche emergono come risposta diretta alle recenti sentenze della Corte Costituzionale, che hanno dichiarato l’esistente disparità di trattamento tra i lavoratori pubblici e privati come incostituzionale. Recentemente, infatti, è emersa una proposta riguardante la liquidazione del Tfs in anticipo. Andiamo a vedere i dettagli.

Liquidazione Tfs in anticipo: la sentenza della Corte Costituzionale

Attualmente, i dipendenti del settore pubblico devono attendere anni per ricevere il loro TFS/TFR, mentre nel settore privato il pagamento avviene entro un periodo ragionevole, circa 45 giorni. Tale discrepanza è stata introdotta per non gravare eccessivamente sulle finanze pubbliche, ma la Corte Costituzionale, in una sentenza storica del giugno scorso, ha ritenuto questo approccio incostituzionale. Tuttavia, la Corte ha dato al governo la libertà di procedere per gradi, considerando l’impatto che il pagamento immediato potrebbe avere sulla stabilità dei conti pubblici.

I sindacati, tra cui UIL-FPL, UIL-Scuola-Rua e UIL-PA, hanno espresso preoccupazione per la mancata attuazione della sentenza della Corte Costituzionale, che ha dichiarato anticostituzionale il differimento e la rateizzazione del TFR e del TFS dei dipendenti pubblici.

Liquidazione Tfs in anticipo: i dettagli della proposta

In risposta, è stata presentata una proposta di legge in Parlamento, che mira a ridurre significativamente i tempi di attesa per il TFS. Questa proposta, avanzata dal deputato del Movimento Cinque Stelle, Antonio Colucci, suggerisce che il pagamento del TFS avvenga entro tre mesi dal pensionamento, una riduzione notevole rispetto all’attuale attesa di cinque anni. Sebbene questa proposta non miri a una completa equiparazione con il settore privato, è un passo significativo verso la riduzione delle tempistiche.

La proposta di legge include anche una revisione delle soglie di pagamento. Al momento, la prima rata del TFS è limitata a 50.000 euro, con rate successive soggette a maggiori tempi di attesa. La proposta prevede un aumento di queste soglie, fino a 63.000 euro per la prima rata, aggiustate in base all’inflazione. Ciò permetterebbe ai dipendenti pubblici di accedere a somme maggiori in tempi più brevi.

L’iter legislativo per questa proposta è iniziato lo scorso 11 gennaio alla Commissione Lavoro della Camera. Il presidente della Commissione, Walter Rizzetto, ha mostrato un cauto apprezzamento, indicando una possibile apertura bipartisan alla proposta. Tuttavia, il Ministero dell’Economia deve ancora fornire un parere ufficiale, soprattutto in relazione alle risorse necessarie per implementare queste modifiche.

Il contesto attuale e le prospettive future

Per comprendere pienamente l’importanza di queste proposte, è essenziale considerare l’attuale sistema di pagamento. Attualmente, il TFS/TFR viene suddiviso in tranche, con la prima rata accreditata in tempi variabili a seconda delle circostanze del pensionamento. I tempi di attesa possono essere lunghissimi, specialmente per importi superiori a 50.000 euro, con le rate successive pagate annualmente. La nuova proposta, quindi, potrebbe rappresentare un cambiamento sostanziale per i dipendenti pubblici, offrendo un accesso più rapido e giusto ai loro fondi.

Liquidazione Tfs: quando avviene oggi

La durata di questa attesa varia in base alle circostanze della cessazione del rapporto di lavoro. Ad esempio, la cessazione dovuta a inabilità o decesso richiede un’attesa di 105 giorni, mentre la cessazione del rapporto di lavoro per il raggiungimento del limite di età o per la risoluzione unilaterale del datore di lavoro implica un’attesa di 12 mesi, estendibili fino a 15. Per altri casi, come le dimissioni volontarie, il periodo di attesa si allunga fino a 24 mesi.

Nonostante il sostegno di alcune figure chiave, l’approvazione della proposta non è ancora garantita. Il principale ostacolo, come già scritto, rimane l’approvazione del Ministero dell’Economia, che deve valutare l’impatto della proposta sul bilancio statale. La piena equiparazione tra dipendenti pubblici e privati, come richiesto dalla Corte Costituzionale, dipende strettamente dalla disponibilità di risorse finanziarie e dai vincoli di bilancio. Pertanto, è essenziale un’analisi approfondita per assicurare che la riforma sia sostenibile e benefica per tutti i dipendenti pubblici coinvolti.