La sicurezza è un fattore essenziale per la blockchain. Una rete che si rivela poco sicura può essere rapidamente messa in difficoltà dal discredito che può discenderne. Basta in effetti vedere la preoccupazione con cui i criptofans guardano ad ogni scorreria ai danni di un network per capire la rilevanza della questione.
Per cercare di impedire attacchi devastanti a livello d’immagine, gli sviluppatori mettono in atto strategie incentrate su meccanismi di consenso e scelte tecnologiche atte a migliorare la tenuta della catena. Ad essi, inoltre si aggiungono fattori di rilevanza economica. In questa analisi cercheremo quindi di delineare quali possono essere gli accorgimenti in grado di aumentare il livello di sicurezza di una blockchain.
Perché è importante la sicurezza della blockchain?
Quando si parla di blockchain, il pensiero corre veloce al trading di criptovalute. Gli asset virtuali corrono infatti di solito su reti costruite sulla base della tecnologia dei registri distribuiti (DLT), traendone un gran numero di vantaggi.
Stiamo quindi parlando di denaro, molto, considerata la straordinaria liquidità di un mercato che vede ogni giorno scambi in gran numero, tesi a trarre profitto dalle variazioni dei prezzi. Quando girano soldi, però, è praticamente sicura la presenza di malintenzionati pronti a cercare di appropriarsi di queste risorse ricorrendo a pratiche illegali. Basta leggere un rapporto sulle attività illegali collegate alla blockchain per rendersene facilmente conto,
La blockchain, però, non viene utilizzata soltanto per fare da infrastruttura digitale alle criptovalute. Viene utilizzata anche per tracciare merci, per procedimenti elettorali e in ambito sanitario. Una serie di settori la cui importanza va anche al di là del trading crypto, i quali necessitano di sistemi in grado di resistere a tentativi di manomissione. Ecco perché l’aspetto sicurezza è fondamentale per questo particolare ambito tecnologico.
Un punto di partenza ineludibile: consenso e immutabilità
Gli elementi che possono dare un rilevante contributo alla sicurezza di una blockchain, sono molti. Tra quelli più importanti, però, un ruolo di rilievo spetta sicuramente ai concetti di consenso e immutabilità.
Per consenso si intende la capacità di concordare dei nodi presenti all’interno di un network sulla effettiva validità delle transazioni e sul suo stato generale. Soltanto una volta ottenuto il livello di consenso stabilito da ogni rete una operazione può essere registrata al suo interno e andare a comporre la catena.
Per raggiungere tale consenso, si utilizzano i meccanismi, o algoritmi, di consenso. Se il più famoso di essi è il Proof-of-Work su cui si fonda Bitcoin, con il trascorrere del tempo se ne sono affermati altri, a partire dal Proof-of-Stake adottato da Ethereum. Ognuno di questi meccanismi cerca di conseguire consenso senza dover sacrificare la decentralizzazione. Si tratta di un risultato molto difficile da condurre in porto. Solitamente, però, si ritiene che la rete Bitcoin sia praticamente impossibile da attaccare, nonostante un livello minimo di decentralizzazione.
Per immutabilità, invece, si intende la capacità di una blockchain di resistere all’alterazione di dati già immessi al suo interno. In pratica, una volta immesso al suo interno, il dato non può più essere modificato una volta che sia stato inserito in un blocco. Proprio per questo le blockchain si stanno affermando come una possibile alternativa alle votazioni elettorali tradizionali.
L’importanza della criptoeconomia
Se le capacità tecnologiche rappresentano il primo argine agli attacchi contro la blockchain, c’è un altro fattore che può pesare molto in tema di sicurezza. Stiamo parlando della criptoeconomia e del suo influsso sul comportamento di coloro che si muovono all’interno di una rete, al fine di procacciarsi vantaggi in tal senso.
Il caso di Bitcoin è emblematico in tal senso. Se teoricamente un raid contro la blockchain sarebbe possibile, ad esempio sotto forma di un attacco 51%, all’atto pratico a renderlo impossibile sono proprio i fattori economici connessi con BTC.
Per poter prendere possesso della rete, infatti, sarebbe necessario acquisire la maggioranza dell’hashrate. Si tratta però di un’operazione impossibile all’atto pratico, in quanto per riuscirci gli attaccanti dovrebbero spendere miliardi di dollari.
Un’alternativa all’affitto della forza computazionale necessaria potrebbe essere un accordo fraudolento tra gruppi di minatori, in modo da raggiungere la metà più uno necessaria. I minatori, però, sono i primi interessati al mantenimento dell’integrità della rete da cui traggono il loro guadagno. Perché dovrebbero spendere cifre ingenti per dotarsi di macchinari in grado di condurre un mining proficuo e poi tagliarsi fuori con un attacco alla rete?
Naturalmente, Bitcoin è un caso limite. Altre reti sono state ripetutamente attaccante nel passato, con esiti drammatici a livello reputazionale. Proprio per cercare di porre un argine in tal senso gli addetti hanno sviluppato una serie di meccanismi di consenso in grado di rendere complicati i raid. Il modo migliore per preservare la sicurezza, però, resta quello degli incentivi nei confronti dei nodi onesti. Una strada sempre più praticata dai nuovi progetti e destinata a rafforzarsi nel futuro.