Giunge a una svolta l’indagine partita nella scorsa primavera dopo diverse morti sospette nell’Hospice di Torremaggiore, in provincia di Foggia. Al centro degli accertamenti l’attività di un infermiere di 55 anni, indagato per omicidio volontario. La Procura di Foggia aveva disposto la riesumazione dei corpi di 16 pazienti della struttura sanitaria oncologica. L’esito delle autopsie ha rilevato la presenza di forti dosi di sedativo, confermando il sospetto che i decessi siano avvenuti non per cause naturali ma come conseguenza di un sovradosaggio dei farmaci Midazolam e Promazina.

Indagini sui decessi nell’Hospice di Torremaggiore: autopsia conferma che i sedativi,

Depositato le autopsie realizzate dall’istituto di medicina di Foggia. Grazie aall’esito degli esami tossicologici, è stata confermata l’ipotesi che 12 degenti su 15 sono morti in seguito alla somministrazione di Midazolam, farmaco ad effetto ipnotico-sedativo, appartenete alla classe delle benzodiazepine, e Promazina, sedativo antipsicotico.

Le morti in esame sono dunque ascrivibili al sovradosaggio dei potenti tranquillanti, utilizzati in campo oncologico come sedazione terapeutica per ridurre lo stato di sofferenza nei malati terminali, ma che non erano però stati prescritti alle persone poi decedute.

Giunge così a una svolta decisiva l’indagine iniziata la scorsa primavera, quando la Procura di Foggia aveva disposto la riesumazione dei corpi di sedici degenti morti nell’Hospice Nicola Bellantuono di Torremaggiore ( ex Ospedale San Giacomo) tra il 14 novembre 2022 e il 16 febbraio 2023.

Gli esami tossicologici inchiodano infermiere 55enne: prende sempre più piede la condanna per omicidio volontario

I primi accertamenti hanno portato a concentrare i sospetti su un unico indagato, un infermiere di 55 anni, dipendente della struttura sanitaria per malati oncologici in fase terminale proprio nei mesi in cui si sono verifcati i decessi. L’indagine è partita in seguito a una segnalazione anonima.

Le morti erano concentrate tutte nell’arco di quattro mesi, circostanza che ha destato i sospetti di più persone e cha ha convinto le autorità ad aprire un’inchiesta. Fin da subito, è stato chiaro agli inquirenti che la somministrazione dei medicinali sotto accusa non era avvenuta per errore. Ora l’indagato rischia una condanna per omicidio volontario.