I Fantastici 5 quando esce? Oggi si è svolta la presentazione ufficiale alla stampa della nuova serie Mediaset prodotta da Lux Vide, con al centro le vite di quattro atleti paralimpici con allenatore Raoul Bova. Nel corso della presentazione è stata annunciata anche la data di messa in onda, con un’importante novità. 

I Fantastici 5 quando esce? Cambia la data di messa in onda 

I Fantastici 5 era previsto con la prima messa in onda il prossimo 16 gennaio, con un ulteriore appuntamento la sera successiva. Tuttavia subito dopo la fine è stato comunicato dall’ufficio stampa, e ribadito poi tramite una comunicazione è stata rettificata la data: confermato solo l’appuntamento del 17 gennaio, che sarà quindi l’esordio per questa serie molto attesa sin dalle prime immagini mostrate al Festival di Venezia lo scorso settembre.

La trama della serie

Mediaset ha rilasciato anche la trama della serie, che vede come allenatore della squadra Riccardo interpretato da Raoul Bova. L’uomo ha dedicato tutta la sua vita all’atletica trascurando la moglie e le figlie, Anna (15) e Giorgia (17), che arrivano quasi ad odiarlo dopo che sono tornate a vivere con lui a seguito della tragica scomparsa della madre. Lui allena degli under 12 quando arriva la chiamata che lo porta alla Nova Lux di Ancona per allenare dei campioni paralimpici prossimi a giocarsi gli europei. Un racconto di storie pregne di umanità, che normalizza la disabilità anzi la rende arricchimento tenendo lontano il pietismo. Storie di sport e rinascita. 

Le parole del cast, il video della conferenza

Giancarlo Schieri direttore di Canale 5 sottolinea l’importanza de “I Fantastici 5”:

 “Una storia che da un messaggio di speranza e di cui sono molto orgoglioso. Un prodotto molto coraggioso, molto bello e per questo devo ringraziare tutti quanti. Raoul Bova non è la prima volta che entra nel mondo dello sport, un grazie va a Luca Pancalli”.

Luca Bernabei ad di Lux Vide spiega come il progetto sia uno dei più importanti per l’azienda: 

“È nel DNA della Lux Vide raccontare delle persone che fanno cose eccezionali, sono storie ispirazionali. Nel nostro piccolo proviamo a cambiare la vita degli spettatori. Per questo motivo cerchiamo storie di coraggio e speranza, per ispirare questi sentimenti. Dietro questa storia c’è un lavoro non semplice, siamo entrati in un mondo di persone speciali che non conoscevamo. È più importante essere felici o vincere? Tutti vorremmo che i nostri figli si facessero questa domanda, sicuramente la strada di raccontare atleti con una disabilità è una risposta su come raggiungere entrambe le cose”.

Il Comitato Italiano Paralimpico guidato da Luca Pancalli è stato fondamentale per la realizzazione della serie:

 “Voglio essere provocatorio perché è il mondo paralimpico che sta cambiando i media. All’inizio sono stato duro perché la mia vita mi ha portato a capire dove fosse l’errore nella trattazione del nostro mondo, ovvero cadere nel pietismo. È accettabile, ma non lascia nulla. Credo che essere stato duro sia servito perché da questa serie non emerge nulla sulla disabilità, ma il racconto di storia sportiva e passione sullo sfondo del  quale ci sono atleti paralimpici. Lo sport è importante per tutti, a prescindere da normodotati e disabili. Faccio i complimenti a Raoul come allenatore e a tutti gli altri attori. Il loro successo è stato l’umiltà, perché il confine da non superare era molto labile e pericoloso. Siete stati bravi. Non abbiamo bisogno di eroi e compassione, ma di normalità e questa serie la racconta”.

Raoul Bova è il grande protagonista della serie:

“Se ho trasmesso delle emozioni è grazie ai miei compagni. Mi avete dato la fortuna di interpretare un ruolo complicato e assolutamente non facile, ci sono stati tanti cambiamenti e proprio perché ha rotto il muro della normalità la serie. L’allenatore fa un casino nella serie quando arriva, ma poi alla fine si arriva ad un punto. Abbiamo capito quanto fosse difficile raccontare come la felicità fosse fondamentale per gli atleti. Così riescono ad essere vincenti. Lo sport e la disabilità sono temi a me molto cari, non volevo lasciare neppure una virgola non capita. Piano piano siamo arrivati al concetto che il personaggio dice spesso che dobbiamo essere felici per essere vincenti, in realtà alla fine si comprende come i campioni non sempre sono felici. Sembra strano, ma  è così perché ci sono responsabilità da mantenere. Questa serie dice che vincere vuol dire essere felice, non essere campioni. La vittoria sta nell’essere felice perché solo così si vince in tanti modi”.

Chiara Bordi è una giovanissima attrice che ha subito l’amputazione della gamba a seguito di un’incidente stradale 10 anni fa: 

“Questa per me è stata un’occasione preziosa, che mi ha fatto crescere e donato la conoscenza di persone stupende. Se questo progetto è riuscito bene lo dobbiamo alle persone che hanno creato la squadra. Io ero titubante quando abbiamo parlato di questa serie, perché avevo paura che fosse rappresentata la disabilità in modo sbagliato. Raccontare le cose sotto il punto di vista pietistico o elevando i personaggi ad eroi è qualcosa di falso, le persone con disabilità sono persone che possono essere anche antipatiche e dure. Per portare un aneddoto significativo la scena in cui Laura racconta del suo incidente ci ha portato a fare un lavoro bellissimo perché era molto tosta e non volevo renderla drammatica. Lei lo ha fatto quasi in modo neutro, racconta l’incidente e non piange mai fino a quando racconta come ha scoperto la passione per l’atletica. Si emoziona solo in quel momento perché vive per l’atletica ed è un qualcosa che davvero la tocca. Ho apprezzato da morire questo passaggio. Spero che la serie piaccia, è molto importante perché parla di sport giovani passioni figlie padri e tante cose con sullo sfondo degli atleti paralimpici con una passione. Credo che se dieci anni fa sarebbe stata fatta questa serie, quando ho avuto il mio incidente; avrei avuto un processo di crescita diverso. All’epoca non sentivo che la società fosse pronta a farlo nel modo giusto. Spero che si possa far capire che non siamo eroi, non siamo vittime, ma persone”.

Vittorio Magazzù interpreta invece un’atleta che corre su una carrozzina speciale:

 “Ci sono due momenti incredibili per un attore, quello della scoperta con Luca Pancalli che è stato illuminante con tutti noi. Io personalmente non sapevo nulla di questo mondo, fare questo progetto mi ha dato modo di accrescere la mia conoscenza. Il secondo momento è poter umilmente e inconsapevolmente essere al servizio di qualcosa che va oltre la spicciola performance. Mi sento di aver fatto qualcosa per il sociale e per un aspetto umano, questo è davvero appagante”.

Fiorenza D’Antonio si è dovuta confrontare invece con il mondo della cecità: 

“Marzia è una ragazza porcospino, estremamente pungente ed era già una star dopo l’incidente. Non si sa ridimensionare, è chiusa a riccio però in realtà è tenera. Deve trovare qualcuno con cui aprirsi, non è stato difficilissimo crearla perché ho provato a camminare per la città con il bastone sia ad occhi chiusi che aperti. Io mi sono sentita molto fragile e quindi è normale indurirsi un po’. Quando camminavo vedevo lo sguardo delle persone su di me. Se sei cieco gli altri sensi crescono ed è stato molto interessante. Sicuramente la guida per una persona cieca è fondamentale e Marzia non si fida, ma quando arrivano Riccardo e Laura scopre che si può fidare ed emerge il tenero”.

Enea Barozzo si è dovuto confrontare invece con una disabilità neuromotoria, con una parte del corpo bloccata: 

“Qui a differenza di altri set ho trovato davvero una famiglia, il legame che c’è tra di noi almeno da parte mia  davvero forte. Ho trovato degli amici, una fidanzata. Siamo stati affiancati per mese dagli atleti paralimpici, Daniele Muratorio mi ha seguito per 2-3 mesi spiegandomi cose che non conoscevo assolutamente come le categorie. Elia e un ragazzo che tenta di coprire la sua disabilità, diciamo che all’inizio non siamo molto simpatici. Nel mio caso metà del corpo è semi paralizzato e anche io mi sono preparato facendo le cose con una mano sola”.