La Corte Costituzionale ha di recente emesso un pronunciamento sulla questione degli scatti stipendiali concessi ai dipendenti pubblici impiegati negli anni ’80 e ’90. Questa decisione riveste un’importanza significativa, in quanto limita uno strumento che lo Stato ha utilizzato per anni per negare agli impiegati pubblici l’aumento salariale da loro desiderato.

Per comprendere meglio il motivo per cui sembra che l’aumento salariale, almeno per alcuni dipendenti pubblici, sia più vicino, è opportuno fare un passo indietro al 1989. In quell’anno, attraverso un accordo sindacale, furono stabiliti gli scatti di anzianità a favore dei lavoratori con almeno 5 anni di servizio (o più).

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Questa sentenza rappresenta una vittoria per i dipendenti pubblici che avevano precedentemente presentato ricorso contro la negazione degli scatti di anzianità per il triennio 1991-1993. Questi dovrebbero ricevere gli aumenti di stipendio e gli arretrati.

Al momento è ancora troppo presto per determinare se tale sentenza possa aprire la strada a nuovi ricorsi. I sindacati stanno prendendo il loro tempo per valutare la situazione, ma è improbabile che vi siano aumenti per coloro che non hanno precedentemente cercato di far valere i propri diritti in questi anni.

È importante ricordare che, come specificato dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro nella nota n. 1959 del 30 settembre 2022, la prescrizione per i crediti da lavoro è di 5 anni, quindi potrebbero essere scaduti i termini per eventuali richieste.

Cosa accadde nel 1989?

In un accordo sindacale, amministrazione e parti sociali nel 1989 definirono gli importi e i requisiti per gli scatti di anzianità, successivamente recepiti nel decreto del presidente della Repubblica n. 44 del 1990.

In base a tale accordo, venne stabilito un importo base di 300 mila lire per le prime tre aree funzionali, salendo a 400 mila per le successive tre e a 500 mila per le ultime tre. Tuttavia, era fondamentale avere almeno 5 anni di esperienza entro l’1 gennaio 1990 per essere idonei a tali importi. Maggiorazioni erano previste per chi aveva raggiunto i 10 o 20 anni di esperienza entro quella data.

La controversia sorse con il decreto legge n. 384 del 1992, quando il governo Amato prorogò i contenuti del Dpr n. 44 del 1990 per il triennio 1991-1993. L’amministrazione interpretò che la proroga non riguardasse gli scatti di anzianità, mantenendo il limite del 31 dicembre 1989 per soddisfare i requisiti.

Diversamente, i dipendenti pubblici sostennero che la proroga estendesse la scadenza di 3 anni. Ciò generò una serie di ricorsi, alcuni dei quali favorevoli ai dipendenti, riconoscendo il diritto agli scatti per chi aveva raggiunto l’anzianità richiesta entro il 31 dicembre 1992.