Cambia la linea difensiva di Bujar Fandaj, il 41enne di origini kosovare accusato dell’omicidio dell’ex amante Vanessa Ballan, avvenuto a Riese Pio X, nel Trevigiano, lo scorso 19 dicembre: dopo essersi avvalso della facoltà di non rispondere, avanzando una richiesta di scarcerazione, l’uomo ha ora chiesto, attraverso i suoi legali, di essere ascoltato in carcere.

Omicidio Vanessa Ballan, cambia la linea difensiva di Bujar Fandaj

L’interrogatorio davanti al pm Michele Permunian è già stato fissato per il prossimo 30 gennaio. Per Bujar Fandaj sarà l’occasione per raccontare la propria versione dei fatti sull’omicidio dell’ex amante Vanessa Ballan, su cui, per ora, non ha proferito parola.

Dopo essere stato arrestato, l’uomo, di 41, si era infatti avvalso della facoltà di non rispondere e, attraverso i suoi legali, gli avvocati Chiara Mazzocato e Daria Bissoli, aveva chiesto di essere scarcerato, sostenendo che la chiamata effettuata al 112 negli attimi successivi al delitto non avesse il valore di una confessione vera e propria e che quindi l’impianto accusatorio costruito nei suoi confronti non reggesse.

Linea a cui ora sembrerebbe aver rinunciato.

Essendo sorta la necessità di tutelare maggiormente la riservatezza della fase processuale in corso, abbiamo ritenuto opportuno rinunciare all’istanza davanti al Tribunale della Libertà che era stata presentata,

hanno fatto sapere i legali che lo difendono. È accusato di omicidio volontario pluriaggravato: rischia l’ergastolo.

Cos’è successo a Vanessa Ballan? La ricostruzione del femminicidio

I fatti per i quali Fandaj è stato arrestato risalgono al 19 dicembre scorso. Stando a quanto ricostruito finora, l’uomo, artigiano di professione, si sarebbe intrufolato nell’abitazione che l’ex amante 26enne Vanessa Ballan condivideva con il compagno Nicola Scapinello e il figlio di quattro anni, che lui aveva frequentato come amico di famiglia, dopo aver rotto con un martello il vetro di una portafinestra.

La donna, che momentaneamente si era presa una pausa dal lavoro (era incinta di tre mesi e mezzo), era da sola, in casa: dopo averla colta di sorpresa, lui l’avrebbe picchiata e poi colpita con un coltello al cuore, impugnando l’arma che aveva portato con sé affinché le ferite risultassero letali. Il gip che ne ha convalidato il fermo è convinto che avesse premeditato tutto.

E che il giorno successivo, se non fosse stato arrestato, sarebbe fuggito alla volta dell’estero, facendo perdere le sue tracce. Nella sua abitazione gli inquirenti avevano trovato non solo la possibile arma del delitto, parzialmente lavata, ma anche una sim prepagata e un passaporto appena rinnovato. Resta da capire se fosse a conoscenza della gravidanza dell’ex amante.

Potrebbe essere stato quello, infatti, il movente dell’omicidio. Dopo essersi frequentati per oltre un anno – si erano conosciuti tra le corsie del supermercato dove Ballan lavorava come commessa -, lei lo aveva lasciato, tornando dal compagno, a cui, più tardi, avrebbe confessato il tradimento. Lui allora aveva preso a seguirla, minacciandola.

Il dubbio è che fosse diventato ossessivo perché il bimbo che lei portava in grembo era suo. Un’ipotesi, per il momento. A confermarla o smentirla sarà l’esito dell’esame del Dna effettuato sul feto per stabilirne la paternità.

La denuncia di stalking

Appena due mesi prima di essere uccisa, la 26enne di Riese Pio X aveva denunciato quello che sarebbe diventato il suo assassino per stalking. Insieme a Nicola Scapinello si era presentata al commissariato locale, spiegando ai poliziotti la situazione in cui era venuta a trovarsi.

Si sentiva messa alle strette, in pericolo, soprattutto dopo che l’ex amante aveva inviato sul telefono cellulare del compagno un video che li ritraeva in atteggiamenti intimi, esplicitando la natura della loro relazione e obbligandola a parlare di quanto accaduto con lui.

Nicola l’aveva perdonata: dopo aver avuto il loro secondo figlio, forse avrebbero realizzato il loro sogno di sposarsi. Non potevano sapere che i comportamenti persecutori di Fandaj, mai sottoposto a un divieto di avvicinamento, sarebbero sfociati in un omicidio.