Nella prima udienza del processo per genocidio intentato dal Sudafrica nei confronti di Israele, andata in scena ieri alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia, i legali dello Stato africano hanno elencato i crimini commessi dall’esercito israeliano, chiedendo urgenti misure per soccorrere la popolazione palestinese. “Questo caso stabilirà l’essenza stessa della nostra comune umanità“, così recita l’auspicio dei rappresentanti sudafricani, impegnati ad esporre il corposo dossier con i capi di accusa. Due le manifestazioni contrapposte che si sono svolte fuori dal palazzo dalle Corte, mentre i posti nell’aula sono stati tutti occupati, con persone in fila già dalle 4 del mattino per riuscire ad aggiudicarsene uno. Questa mattina, Israele replica alle accuse.

Prima udienza del processo all’Aia, il Sudafrica accusa Israele di genocidio: i principali capi di imputazione

Due le prove principali a sostegno della tesi sudafricana di genocidio lanciata contro Israele: l’entità della devastazione a Gaza e il “linguaggio disumanizzante” utilizzato dai ministri del governo di Benjamin Netanyahu. Il processo nell’imponente edificio rinascimentale che ospita la Corte internazionale di giustizia dell’Aia entra subito nel vivo con la accusa precisa a carico dello Stato israeliano di aver “violato l’articolo 2 della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio”.

La Convenzione citata è il trattato vincolante ratificato nel 1948 da oltre 150 Paesi, compresi Sudafrica e Israele. L’accordo stabiliva per la prima volta la fattispecie giuridica del reato di genocidio, dando un nome preciso alla sistematica eliminazione degli ebrei durante l’Olocausto ed estendendola ad ogni azione con lo stesso scopo.

Le violazioni che lo Stato ebraico avrebbe commesso sono l’uccisione di 22mila persone e il ferimento di 60mila, donne e bambini nel 70% dei casi, l’utilizzo di ordigni contro civili, il blocco degli aiuti umanitari e la distruzione dei presidi sanitari, rendendo di fatto la sopravvivenza impossibile. Per arginare la castrofe umanitaria in atto, i lagali del Sudafrica chiedono urgenti misure cautelari, dal cessate il fuoco a maggiori aiuti ai civili. ” La forza deve rimanere nei limiti della legge internazionale” ricordano infine gli accusatori.

Oggi in aula all’Aia attesa la replica di Israele

In risposta alla denuncia del Sudafrica, contenuta in un dossier di 84 pagine depositate presso l’Alta Corte lo scorso 29 dicembre, oggi in aula è attesa la replica dello Stato ebraico. Da molti, la presenza dei difensori israeliani è considerata un segno positivo, che potrebbe portare a nuovi sviluppi sul campo di scontro bellico. I risultati attesi nell’immediato però riguarderebbero solo la sicurezza dei civili e gli aiuti umanitari.

Netanyahu si è detto sconcertato dalle accuse rivolte al suo Stato. “Israele è accusato di genocidio mentre combatte contro il genocidio. Il mondo è sottosopra” aveva dichiarato il premier nei giorni scorsi, definendo il procedimento legale in Olanda “ipocrita”. Nel giorno d’esordio del processo all’Aia, il governo israeliano ha pubblicato un sito con le immagini raccapriccianti dell’attentato del 7 ottobre da parte dei terroristi di Hamas. Un gesto che anticipa i contenuti della difesa che questa mattina, venerdì 12 dicembre, sarà portata avanti dai legali israeliani.

Intanto, sono stati diversi gli attestati di sostegno all’iniziativa del governo sudafricano, a partire da quello espresso dal presidente brasiliano Lula nella giornata di ieri.

Chiediamo urgenti misure cautelari. Il genocidio non è mai una risposta accettabile non importa quanto sia grave l’atto scatenante. Ogni uso della forza deve rimanere nei limiti della legge internazionale.