Antibiotici e residui negli alimenti, quali sono i prodotti più a rischio e quanto sono pericolose queste sostanze che possono essere trovate anche nei cibi consumati quotidianamente? Vediamo come funziona la contaminazione, dove è più presente in quantità rilevanti e a cosa fare attenzione per evitare rischi.

Antibiotici negli alimenti

Gli antibiotici sono farmaci ampiamente utilizzati in medicina, non solo per la cura delle malattie batteriche umane, ma anche negli animali e nelle piante. Fondamentali quindi per la sicurezza alimentare e per la produzione di vari prodotti. Per questo motivo però, a volte possono essere presenti, in quantità più o meno rilevanti, anche sugli alimenti che si consumano quotidianamente. Spesso infatti si sente parlare di studi che hanno dimostrato rischi concreti per la salute, quando si assumono inconsapevolmente queste sostanze. Quanto c’è di vero?

In realtà i residui di antibiotici dovrebbero essere eliminati quando il processo produttivo di alcune materie prime viene rispettato. Come ad esempio i tempi di attesa per la macellazione di animali che sono stati curati. Infatti queste sostanze anti batteriche vengono rilevate nel caso siano state usate in grandi quantità o in maniera inopportuna. Quando non sono stati svolti i controlli in maniera opportuna quindi, il rischio c’è. Altrimenti, come previsto dalla legge, i residui dovrebbero essere inesistenti o talmente minimi da non essere fonte di pericoli.

Tuttavia, varie ricerche negli anni effettuate sui consumatori, continuano a dimostrare che le persone si preoccupano molto di questo problema, più di quanto si preoccupino dei residui di pesticidi o contaminazioni da microplastiche nei cibi.

Come funziona la contaminazione

La contaminazione di antibiotici nei cibi, avviene quando l’uso di questi farmaci è eccessivo perchè le concentrazioni batteriche negli stabilimenti di produzione zootecnici e negli allevamenti sono troppo elevati.Le pratiche di questo tipo per legge differiscono da paese a paese.

Ma recenti studi condotti dall’Unione Europea hanno stabilito che molti paesi presentano livelli preoccupanti di residui, che potrebbero avere conseguenze sulla salute a lungo termine. L’uso indiscriminato di antibiotici sui prodotti alimentari e negli animali da macello può contribuire alla diffusione di microroganismi patogeni resistenti ai medicinali che potrebbero essere causa di malattie anche gravi. 

La contaminazione si verifica più frequentemente in condizioni di carenza igienica,  in allevamenti intensivi sovraffollati, e talvolta è presente anche in cibi pronti per aumentare la vita del prodotto dopo il confezionamento.

I cibi più a rischio

Dato l’uso medicinale degli antibiotici come sostanze anti batteriche e di cura delle infezioni ed epidemie, la contaminazione negli alimenti è sicuramente più frequente nei cibi derivati dagli animali. Quindi in particolare: carne, frattaglie, pesci e frutti di mare, latte, uova e miele. Ma potrebbero essere presenti quantità anche in frutta, verdura  e farine.

Per la crescente preoccupazione non solo dei consumatori, ma anche da parte dell’Oms sull’uso massiccio ed indiscriminato di farmaci nel settore alimentare, sono nate da tempo, iniziative da parte delle aziende che propongono alimenti detti “a zero antibiotici”. Cioè certificati per dimostrare l’assenza di utilizzo di sostanze potenzialmente nocive durante il processo di produzione e trasformazione.

Conseguenze sulla salute

La prima e importante conseguenza sulla salute, non solo umana, dell’assunzione di antibiotici attraverso la dieta è il rischio di sviluppare l’antibiotico resistenza. Un fenomeno che negli ultimi anni è diventato un’emergenza livello mondiale. Che ha causato la diffusione di organismi patogeni sempre più aggressivi e che non rispondono alle terapie farmacologiche tradizionali.

Per questo sia l’Unione Europea che l’Oms stanno adottando programmi specifici di sensibilizzazione, per informare circa una maggiore sicurezza dei prodotti. Al fine di mantenere l’uso di antibiotici per il solo scopo di combattere le malattie e le infezioni e non indiscriminatamente per prevenzione delle epidemie o per favorire la crescita degli animali.