Tanto dura con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni sui fatti di Acca Larentia, quanto ‘morbida’ a chi gli chiede da tempo una condanna ufficiale dell’assalto alla sede di Pro Vita durante la manifestazione contro la violenza sulle donne organizzata da ‘Non Una di Meno’. Elly Schlein spiega che la Meloni non può fare “specchio riflesso” e scaricare su altri le proprie responsabilità ma, di fatto, aggira nuovamente la domanda dell’inviato di TAG24.

Pro Vita, Schlein non risponde e rifiuta lo “specchio riflesso” della Meloni su Acca Larentia

Il giorno in cui un esponente politico risponderà alle domande che gli vengono poste, sarà un giorno più bello per la democrazia.

Perché aggirare le domande di cittadini e media è, ormai, una vera e propria strategia politica, al pari delle posizioni ideologiche su migranti, leggi di bilancio o Pnrr. Tutti gli esponenti politici studiano e calibrano le migliori – passateci il termine cinefilo – ‘supercazzole’ con cui schivare gli argomenti scomodi, a volte con la complicità di ‘spin doctor’ che ne curano retorica e agenda mediatica.

L’ultimo caso, in ordine di tempo, è quello della segretaria del Partito Democratico Elly Schlein. Passata all’attacco del governo dopo le commemorazioni della strage di Acca Larentia, condite da saluti romani e rigurgiti di fascismo ridicoli quanto inquietanti, alla segretaria è stato chiesto, dall’inviato di TAG24 Lorenzo Brancati, se si sentisse di condannare con la stessa inflessibilità quanto avvenuto alla sede di Pro Vita, durante la manifestazione di ‘Non Una di Meno’ dello scorso 25 novembre.

Tuttavia, come già in passato, Schlein ha evitato di rispondere, dicendo di volersi sottrarre al “tranello” dello “specchio riflesso” voluto dal governo.

“Non cadremo nel tranello che questa destra cerca sempre, cioè di spostare l’attenzione altrove o buttare le responsabilità sugli altri: sulle opposizioni, sui quattro governi precedenti, sull’Europa. È sempre colpa di qualcun altro. Sapete cosa mi ricorda? Quando a scuola si faceva ‘specchio riflesso’“.

Meloni e il fascismo, dal discorso di insediamento alla Camera alla “matrice” dell’assalto alla Cgil

La risposta di Schlein è una lunga denuncia dell’incapacità della premier di prendere le distanze dal proprio passato. Per questo chiede con tanta insistenza alla Meloni una condanna dei fatti di Acca Larentia e una dichiarazione chiara e netta di antifascismo da parte sua.

Ma, come dicevamo in apertura di questo articolo, è difficile aspettarsi chiarezza e nettezza da chi vive la sua vita in quelle che il sociologo Franco Ferrarotti chiamò, con una definizione decisamente azzeccata, le fumose stanze.

La presidente del Consiglio, del resto, e molti con lei, ritiene di aver già espresso un simile giudizio nel suo discorso di insediamento alla Camera dei Deputati, del 25 ottobre 2022, nel quale disse:

“Non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi anti democratici, fascismo compreso. Ho sempre reputato le leggi razziali del 1938 il punto più basso della storia italiana, una vergogna che segnerà il nostro popolo per sempre”.

Tuttavia, proprio la stessa premier Meloni, all’indomani dell’assalto alla sede della Cgil di Roma, condotto da alcuni militanti del partito neofascista Forza Nuova il 9 ottobre 2021, non prese una posizione chiara e netta – appunto… – sostenendo di non conoscere la matrice politica degli attacchi.

“È sicuramente violenza e squadrismo, poi la matrice non la conosco. Nel senso che non so quale fosse la matrice di questa manifestazione, sarà fascista, non sarà fascista, non è questo il punto. Il punto è che è violenza, è squadrismo e questa roba va combattuta sempre”.

L’ambiguità, insomma, è bipartisan e mette d’accordo anche chi, come Schlein e Meloni, non va d’accordo su nulla.