Sulla riforma delle pensioni del 2024, ovvero sull’emanazione di una legge organica sulla previdenza italiana che vada a riordinare le varie misure di uscita anticipata, irrompe il ricalcolo tutto contributivo anche per i lavoratori che hanno accumulato versamenti verso la previdenza nei periodi del misto e del retributivo. Lavoratori e contribuenti che, sembra ormai evidente, dovrebbero sobbarcarsi il peso dei tagli alle pensioni, prima che – nel giro dei prossimi decenni – non rimangano solo lavoratori del contributivo puro, ovvero contribuenti che abbiano iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995.

Nel frattempo, rimangono due nodi. Il primo rappresenta ormai l’incognita di tutte le più recenti legge di Bilancio, ovvero la quota 41 che potrebbe essere introdotta, ma in modalità “autosostenibile”. Non di certo quella che si decantava in campagna elettorale, ma una misura che prevederebbe il ricalcolo della pensione con il sistema meno conveniente del contributivo puro.

Tanto è vero che il governo ha effettuato le prove generali di un simile passaggio già con la legge di Bilancio 2024 in merito alla conferma della quota 103. La misura del 2024, rispetto a quella dello scorso anno, prevede il ricalcolo con il solo sistema contributivo, insieme ad altri tagli e penalizzazioni. La stessa quota 103 rappresenterà nuovamente il nodo della Manovra del prossimo anno, con l’incognita se confermarla o aggravarla – di requisiti – passando alla quota 104, già ipotizzata durante la recente Manovra di fine anno.

Riforma pensioni 2024 verso il ricalcolo tutto contributivo, restano i nodi di quota 41 e quota 104

Riforma pensioni 2024 verso il ricalcolo tutto contributivo con i nodi di quota 41 e quota 104. È questo l’indirizzo generale che dovrebbe avere la norma organica di revisione dei meccanismi di uscita anticipata sul quale il governo guidato da Giorgia Meloni dovrà trovare delle soluzioni almeno per gli obiettivi della seconda metà della legislatura. A tempi più lunghi della riforma corrisponde il comandamento principali delle nuove pensioni, ovvero quello che la previdenza debba essere autosostenibile.

Riforma pensioni 2024, quota 41 si farà? Le stime sulla spesa pubblica

Per arrivare a questo risultato, sarà necessario abbassare la percentuale di spesa delle pensioni, aumentata negli ultimi anni (e in previsione di ulteriore incremento anche nei prossimi) per via soprattutto dell’alta inflazione e dell’indicizzazione delle pensioni, ma anche per misure che hanno protratto la spesa negli anni successivi, quale la quota 100.

Anche nel 2024 la spesa pubblica delle pensioni si annuncia al di sopra dei 300 miliardi di euro (310,70 miliardi, più 5,19 per cento rispetto al 2023), pesando sul Pil per il 17 per cento.

Giorgia Meloni, nel discorso di inizio anno, ha usato termini circa la “sostenibilità” delle pensioni, da ricercarsi attraverso un equilibrio che dovrà valere per tutti.

Pensione a quota 103, le penalizzazioni del 2024

Le ultime novità introdotte nella legge di Bilancio 2024 sembrano segnare il sentiero sulle pensioni del futuro. Il governo ha confermato la quota 103 ma l’ha profondamente cambiata, non nei requisiti anagrafici e contributivi, ma nei tagli e nelle penalizzazioni.

Chi esce con la quota 103 dovrà mettere in conto di dover vedersi ricalcolare la pensione interamente con il sistema contributivo, penalizzando i versamenti fatti nel misto e nel retributivo (che ce ne sono, dato che servono 41 anni di contributi). Ma potrebbe arrivare anche la quota 104 che, al ricalcolo contributivo, aggiungerebbe un anno in più di età.

Sotto la pensione di vecchiaia le misure di uscita anticipate tutte contributive

Lo stesso potrebbe avvenire per la quota 41, da introdursi ma con il ricalcolo contributivo che ne penalizzerebbe l’assegno futuro. L’impressione è quella che tutte le misure di pensionamento anticipato rispetto alla vecchiaia dovrebbero contenere questa scure sull’importo delle pensioni. E sarà cosi finché non si andranno a esaurire i lavoratori provenienti dal sistema misto, ormai dominante tra coloro che stanno andando in pensione in questi anni.

Un passaggio che già si è visto nell’ultimo decennio per i pensionamenti dei lavoratori del sistema retributivo e la sostituzioni con quelli del “misto”, soprattutto tra il primo e il secondo anno di quota 100 (nel 2020). Il che ha prodotto una riduzione della spesa per la parte contributiva del sistema misto, in ogni modo non troppo evidente per andare incontro ai maggiori costi previdenziali dettati dall’alta inflazione degli ultimi due anni.