La scrittrice Arianna Mortelliti, nipote del noto scrittore e sceneggiatore Andrea Camilleri, ha presentato il suo libro d’esordio, Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni e la sua trama nel corso di un’intervista al programma Stato dell’arte di Cusano Italia Tv, condotto da Cesare Biasini Selvaggi.

Il libro, edito da Mondadori, offre uno sguardo avvincente nella vita di Arturo, un uomo di 95 anni che, a seguito di una caduta in casa, scivola in un coma profondo. Scopriamo insieme i dettagli della trama e alcuni riferimenti interni al romanzo, dedicati proprio al nonno Andrea.

Arianna Mortelliti, nipote di Andrea Camilleri presenta il libro: “Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni”, la trama

Nonostante la sua condizione apparentemente immobile, la coscienza di Arturo, il nostro protagonista, rimane vigile, consentendo ai lettori di esplorare la sua storia attraverso ricordi vividi e ascoltare gli incontri con la sua famiglia.

Ecco i contenuti raccontati dalla stessa autrice del romanzo, Arianna Mortelliti:

D: Tu sei laureata in biologia, quindi sei una donna di scienza. Insegni scienze, ma sei anche autrice, scrittrice e hai già pubblicato il tuo romanzo d’esordio: Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni.

R: Si, questa è la mia opera prima, che racconta la storia di Arturo e la sua famiglia. E’ un uomo di 95 anni che in seguito ad una caduta a casa scivola in coma profondo. Nonostante questa condizione di coma, però, la coscienza di Arturo rimane piuttosto vigile. Per cui, nonostante non possa parlare e non possa comunicare con i suoi familiari, è in grado di ricordare, quindi ci sono tutti i ricordi della sua vita dall’infanzia fino alla vecchiaia e soprattutto ascoltare quello che gli viene detto dalla famiglia che lo va a trovare in ospedale.

Quindi attraverso questo susseguirsi di ricordi e possiamo seguire così tutta la sua storia e quella della sua famiglia, in maggioranza composta da donne, come del resto è la mia famiglia.

Il romanzo è scritto dal punto di vista dello stesso Arturo.

Maurizio De Giovanni nel libro di Arianna Mortelliti, amico di Camilleri

L’autrice ha presentato la genesi del romanzo nella sua fase creativa, i momenti d’incertezza e svelato qual è stata la figura di supporto e sostegno poco prima della pubblicazione: un grande amico di suo nonno Andrea Camilleri.

D: Chi ha letto per primo questo romanzo?

R: All’inizio non volevo dirlo a nessuno, essendo io una donna di scienza, era un progetto ambizioso e non era detto che l’avrei terminato. 

A un certo punto l’ho raccontato a mio padre, infatti il romanzo è dedicato a lui, Rocco. Solo dopo che l’ho finito l’ho fatto leggere alla mia famiglia e la prima persona che l’ha letto al di fuori della mia famiglia è stato Maurizio De Giovanni,  il quale è un amico della nostra famiglia. Era amico di nonno, che appunto è stato per me molto importante. Mi ha consigliato lui di farlo pubblicare, l’ha ritenuto un buon prodotto.

La nipote di Andrea Camilleri scrittrice: l’eredità creativa

 Mortelliti ha espresso il desiderio che una parte della creatività di suo nonno si sia trasferita “geneticamente”. Quel seme avrà di certo contribuito alla nascita di Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni.

D: E’ infatti edito da Mondadori il libro e. Maurizio De Giovanni, in quarta di copertina richiama una legge biologica: “Il sangue ha le sue ragioni e non mente mai”, sei d’accordo?

R: Si, lo spero. Io non ho l’ambizione di arrivare ai livelli di mio nonno, poiché lui non è stato solo uno scrittore, ma anche un uomo di cultura immenso, un grande intellettuale del ‘900.

Però mi piace pensare che almeno una piccola parte della sua capacità creativa sia  stata trasmessa nel DNA insieme a tante altre cose che mi ha trasmesso.

Il protagonista del libro è ispirato a Camilleri?

 Mortelliti ha rivelato che la perdita di suo nonno nel 2019 ha influenzato profondamente la sua opera, soprattutto considerando che il protagonista del romanzo, Arturo, si trova in uno stato di coma, un’esperienza che richiama lo stesso periodo del nonno, prima della sua scomparsa.

La scrittrice ha sottolineato come scrivere il romanzo dal punto di vista di un uomo in coma sia stato terapeutico. Le ha permesso di rispondere, attraverso l’immaginazione, a domande profonde sulla percezione del nonno durante il suo periodo di coma.

D: Che collegamento c’è tra tuo nonno Andrea Camilleri e Arturo?

R: Nella condizione. Perché Arturo è in coma nel libro e mio nonno è stato in coma per l’ultimo mese della sua vita. Ho tratto ispirazione per questa esperienza che per me e tutti i miei familiari è stata molto forte.

Scrivere il romanzo dal punto di vista di un uomo in coma è stato per me molto importante, perché è stato terapeutico, mi ha permesso di rispondere, attraverso l’immaginazione, a ciò che io mi sono chiesta per un mese e cioè: che percezione avesse mio nonno di tutto ciò che gli accadeva intorno in ospedale.

Mi sono risposta attraverso Arturo, con una visione del tutto ottimistica, poiché è consapevole di ciò che gli accade.

Altre circostanze in realtà non ce ne sono, a parte il fatto che c’è una famiglia prevalentemente femminile come la mia. Però Arturo e mio nonno sono uomini  molto diversi.

Mio nonno era un uomo ottimista, un uomo che vedeva sempre il lato positivo di tutto. Al contrario, Arturo rimane molto malinconico e ancorato all’unico grande dolore ed errore della sua vita.

D: C’è anche un quadro misterioso di cui si parla all’inizio del romanzo. Che ruolo ha questo dipinto nel tuo romanzo?

R: Arturo nel suo momento di coma si trova in una sorta di limbo insieme al fratello Dado, che in realtà manca nella scena familiare da moltissimi anni e che è l’opposto di Arturo. Era l’artista della famiglia, mentre Arturo era l’uomo pragmatico.

Per tutto il coma dipinge questo quadro che però non fa vedere ad Arturo fino alla fine del romanzo. Quel quadro rappresenterà la salvezza del protagonista.

Mi sono accorta così quanto è importante l’arte per superare momenti difficili, come ho fatto io con il romanzo per affrontare la perdita di nonno.

Andrea Camilleri era diventato cieco: la nipote Arianna lavorava con lui

Durante l’intervista, Arianna Mortelliti ha condiviso la sua esperienza di vita e la connessione profonda con suo nonno, svelando anche dettagli profondi della loro collaborazioni insieme, quando quest’ultimo perse l’uso della vista.

D: A un certo punto tuo nonno diventa cieco e tu hai dichiarato che sei diventata i suoi occhi e le sue mani. In che modo?


R: Nonno ha sempre pensato che per sopravvivere doveva scrivere, quindi è stato molto coraggioso nel provare a continuare a farlo anche nonostante la cecità, ma aveva chiaramente bisogno di un supporto, quindi di qualcuno a cui poter dettare tutto ciò che voleva scrivere. Insieme abbiamo lavorato all’ Autodifesa di Caino che è la prima opera uscita postuma.

E’ stata una delle esperienze più belle della mia vita. Mi ha permesso di conoscerlo sotto una prospettiva che fino ad allora per me era inedita. Io lo conoscevo come nonno. E’ stato bellissimo perché mi ha fatto capire il valore dell’empatia, la capacità di provare a mettersi nei panni degli altri. Questo perché nonno avrebbe dovuto interpretare qui l’autodifesa di Caino, pensando come lui, in teatro, a Caracalla, ma non ha fatto in tempo. Era tutto programmato per il 15 luglio, ma è stato in coma fino al 17 luglio 2019.

D: Come mai chiese espressamente di te per questo progetto?

R: Non lo so, ma io e nonno andavamo particolarmente d’accordo. In quel periodo io avevo un po’ più di tempo libero, passavo molto tempo con lui, era quello natalizio e aveva bisogno di un’assistente e me lo ha proposto. Io ero davvero molto nervosa, ma in realtà ci siamo trovati benissimo. Siamo diventati due confidenti, ci siamo raccontati moltissimo.