“Se sono innocenti, perché hanno confessato?”: è questa l’argomentazione più incisiva che viene sollevata da coloro che, nonostante la revisione del processo, non credono all’innocenza di Rosa Bazzi e Olindo Romano, condannati all’ergastolo per la strage di Erba del 2006. Le intercettazioni, pubblicate nel corso degli ultimi anni dalla trasmissione televisiva “Le Iene”, forniscono una plausibile spiegazione: entrambi potrebbero aver deciso di ammettere la colpa al fine di liberare l’altro dal carcere, nella speranza di riottenere la libertà in tempi relativamente brevi, sfruttando attenuanti e il procedimento abbreviato.
Strage di Erba, perché Rosa e Olindo hanno confessato?
Il 8 gennaio 2007, Rosa Bazzi e Olindo Romano sono stati arrestati e si sono presentati davanti ai procuratori con l’accusa di essere responsabili dei quattro omicidi legati alla Strage di Erba avvenuta l’11 dicembre 2006. Hanno negato ogni coinvolgimento, ribadendo ciò che hanno sempre sostenuto fin dall’inizio delle indagini: la loro estraneità ai fatti, la non responsabilità per la strage e la loro incapacità di compiere un gesto così grave.
Giuridicamente, avrebbero dovuto fermarsi lì: le loro dichiarazioni ufficiali sono state raccolte dai procuratori e, seguendo la procedura normativa, sono ora a disposizione del giudice per le indagini preliminari.
Tuttavia, due giorni dopo, il 10 gennaio, la coppia si ritrova di nuovo davanti ai giudici ammettendo la propria colpevolezza. Come è possibile che siano nuovamente stati interrogati dai procuratori? La spiegazione potrebbe risiedere nelle intercettazioni che sono state pubblicate.
La mattina del 10 gennaio, due agenti dell’Arma dei Carabinieri hanno preso le impronte digitali di Olindo Romano, affermando di essersi trattenuti solo per pochi minuti. Successivamente, qualche ora dopo, Olindo richiede di essere ascoltato dai magistrati e confessa la propria colpevolezza.
Cosa è accaduto di così determinante da far cambiare idea a Olindo?
Il processo in tribunale fornisce un’illuminazione su questo punto oscuro. Inizialmente, i carabinieri durante il loro interrogatorio affermano di essersi fermati solo per qualche minuto il 10 gennaio, esattamente il tempo necessario per raccogliere le impronte.
Tuttavia, sotto pressione con domande sempre più incisive, quei due minuti si trasformano in 20, poi 30, fino a diventare infine 4 ore. Durante l’intera mattinata, Olindo Romano è stato in compagnia dei due carabinieri di Como. Uno di loro, Finocchiaro, ha dichiarato che l’unica preoccupazione di Olindo Romano era sua moglie: continuava a ribadire che Rosa non aveva nulla a che fare con la situazione, chiedendo che fosse mandata a casa.
Finocchiaro gli ha suggerito che se voleva far tornare sua moglie a casa, bastava che tornasse dai magistrati e affermasse che era estranea ai fatti: “Se sua moglie non è coinvolta, allora Lei, Romano, avrà visto o saputo qualcosa”. Gli hanno consigliato di contattare i pubblici ministeri e raccontare ciò che sapeva per scagionare Rosa. In tal modo, con le attenuanti generiche e il procedimento abbreviato, avrebbe potuto raggiungerla entro quattro o cinque anni.
Le intercettazioni
Una delle intercettazioni pubblicate da Le Iene, datata 10 gennaio alle 14:30, riguarda un momento in cui Olindo Romano è accompagnato dai carabinieri da Rosa, anticipando la sua presenza. Durante questa occasione, si rivolge a uno degli agenti dicendo: “Il suo collega mi diceva che si può lavorare (in carcere) e ricevere uno stipendio”. Questo commento potrebbe riferirsi a una conversazione precedente in cui si discuteva la possibilità di confessare e le implicazioni legali di tale scelta.
Le conseguenze di una confessione sono poi spiegate da Romano stesso durante una discussione concitata con sua moglie:
Olindo: “(Il magistrato) mi ha spiegato che… ci tengono qui perché devono ancora completare delle indagini…”. Rosa: “Sì”. Olindo: “Se per caso trovano qualcosa, verrai processata e rischi l’ergastolo. Ma se confessi, avrai delle attenuanti e potrai avere un processo abbreviato. Dici la verità, che tu non c’entri niente e che hai solo fornito l’alibi eccetera… e non subirai conseguenze!” Rosa: “Ma non è vero, Olli!”. Olindo: “E io otterrò delle attenuanti e la questione sarà chiusa”.
Romano menziona le attenuanti e il processo abbreviato. È improbabile che possa avere una conoscenza dettagliata di questi concetti, dato che in un’intercettazione del 7 gennaio con l’avvocato Rocchetti sembrava completamente inesperto in materia legale. Queste informazioni sembrano essere ripetizioni di quanto udito da qualcuno.
A questo punto, la situazione subisce un repentino e inaspettato cambiamento, che avrà un impatto significativo sulle loro vicende giudiziarie.
Rosa: “Come stai tu?”.
Olindo: “Io ti dico la verità. Lì dentro non ce… non ne posso più. Sono in isolamento”.
Rosa: “Anche io”.
Olindo: “E non so. O se continuare così, lasciare fare quello che devono fare e dopo prendere poi quello che si prende. E se non si dice… si fa la confessione…”.
Rosa: “Ma che cosa c’è da confessare? Non siamo stati noi!”.
Olindo: “Lo so, aspetta, per tagliare le gambe al toro, metti che sono stato io…”.
Rosa: “Ma quando sei andato su?”.
Olindo: “Non lo so”.
Rosa: “Dimmi, quando sei andato su?”.
Olindo: “Lo so, Rosa, ma è per far finire questa storia qui”.
Rosa: “Ma perché devi dire quello che non è? Non è vero niente Olli. Sai che non è vero niente tutta questa cosa… ancora adesso io lo dico… E torno sempre a ripetere… ti pesa così tanto?”.
Olindo: “Stare dentro sì”.
Rosa: “Cosa vuoi fare?”.
Olindo: “Non lo so. Se facciamo così prendiamo anche dei benefici e ce ne andiamo a casa”.
Rosa: “Ma cosa vado a fare Olli? Vuoi che esco di qua e mi butto sotto un treno?”
Olindo: “No, quello no, ciccia”.
La situazione precipita ulteriormente nella seconda intercettazione, datata sempre 10 gennaio, alle 15.22:
Rosa: “Gli deve dire (a Olindo)…”
Agente: “Che cosa?”.
Rosa: “Le cose che sta succedendo, non si deve prendere la colpa, lui si sta prendendo la colpa… ti prego mi aiuti? non deve farlo… gli puoi chiedere solamente se può venire mezzo secondo?”.
(…)
Rosa: “Lei dà… una notizia a mio marito?”.
Agente: “Ma cosa devo dirgli?”.
Rosa: “Che mi prendo tutto io, di non preoccuparsi che non mi fa paura stare qui dentro. Diglielo ti prego”.
Agente: “Questa cosa non gliela posso dire, questa è una cosa che deve dire al magistrato. Non tocca a me dirglielo”.
Poco dopo questo scambio, travolta dalla fretta di proteggere il marito, Rosa rilascia la sua prima ammissione ai magistrati, in anticipo rispetto a quella di Olindo.
Le sue parole saranno: “Sono stata io a fare tutto”, mentre lui dirà: “Sono stato io a fare tutto”. Inizia così una sorta di competizione per vedere chi si assume prima la responsabilità della strage.