È andato in pensione, dopo 43 anni di attività, il dottor Amato De Monte. Il suo nome era noto alla cronaca italiana per essere stato il medico anestesista che aveva accompagnato, con la sua equipe, nel 2009 Eluana Englaro verso il suo ultimo viaggio. La donna si trovava in stato vegetativo da 17 anni. Quella di portare la donna al fine vita è stata, come da lui stesso raccontato, “la scelta più complicata” di tutta la sua carriera.

Amato De Monte in pensione: il ricordo del caso Englaro

Amato De Monte, primario di Anestesia e rianimazione dell’Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale e direttore del Servizio regionale di emergenza (Sores), ha lasciato il lavoro: egli è andato ufficialmente in pensione. Il medico si è ritirato lo scorso 29 dicembre dopo oltre quarant’anni di attività negli ospedali di Tolmezzo e Udine.

Oggi noi conosciamo il suo nome perché legato alla vicenda relativa alla morte di Eluana Englaro. Ormai diversi anni fa il dottore aveva accolto una richiesta di Beppino, padre della donna. L’uomo aveva chiesto di accompagnare sua figlia – che si trovava in stato vegetativo da 17 anni a causa di un brutto incidente – verso il suo ultimo viaggio.

A riportare la notizia del pensionamento del medico anestesista è stato oggi il quotidiano locale “Il Piccolo di Trieste”. In poco tempo poi la notizia ha fatto il giro del web e delle testate nazionali.

Il professionista non ha potuto fare a meno di ricordare Eluana Englaro. Amato De Monte ha riferito che la scelta di accompagnare verso il decesso la donna è stata “la più complicata” della sua lunga carriera. E questo non da un punto di vista professionale ma da un punto di vista etico e morale.

Al tempo stesso, ha sostenuto anche che lo rifarebbe. Ecco le parole del dottore anestesista, sempre considerato un personaggio controcorrente:

Non dal punto di vista professionale, bensì etico e morale quella fu la scelta più complicata della mia carriera, lo rifarei.

Il medico ha rivolto poi anche un pensiero a Luigi Conte, che all’epoca dei fatti svolgeva il ruolo di presidente dell’Ordine dei medici di Udine. In quel periodo, come riportato dall’anestesista, egli gli fu “di grande aiuto”.

Allo stesso modo anche la moglie Cinzia. A proposito della sua coniuge, Amato De Monte a ricordato:

Lei è stata fondamentale per me quando si è trattato di accettare la richiesta di Beppino Englaro di accompagnare nell’ultimo viaggio la figlia.

Chi era Eluana Englaro

Il caso di Eluana Englaro è sicuramente stato uno dei più emblematici per quanto riguarda la discussione attorno al fine vita. La donna, nata a Lecco nel 1970, era rimasta vittima di un incidente il 18 gennaio 1992. Da quel momento non si era più ripresa e aveva vissuto in stato vegetativo per ben 17 anni.

A chiedere l’eutanasia era stato il padre della donna. Il 9 febbraio del 2009 è sopraggiunta la sua morte a seguito dell’interruzione della nutrizione artificiale. La vicenda fu al centro di una lunga vicenda giudiziaria che aveva diviso non solo la politica ma anche l’opinione pubblica italiana.

L’incidente nel 1992 e la battaglia della famiglia

La tragedia che cambiò la vita di Eluana avvenne a Pescate, alle porte di Lecco. La giovane all’epoca aveva 21 anni e frequentava la Facoltà di Lingue all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Stava tornando a casa da una festa quando perse il controllo della sua automobile e si schiantò contro un palo prima e contro un muro poi.

La ragazza riportò lesioni gravissime. Dietro di lei c’era un amico, il quale la soccorse subito chiamo l’ambulanza. Eluana entrò in coma subito. Secondo quanto riportato dai genitori, Beppino e Saturna Englaro, in ospedale essi furono subito avvisati della gravità della situazione in cui si trovava la figlia.

Dopo due anni, la giovane uscì dal coma ma, a causa delle gravissime lesioni riportate, fu dichiarata in stato vegetativo. Era chiarissimo a tutti che la vittima non si sarebbe mai più ripresa. Così la trasferirono in una struttura sanitaria di lunga degenza dove rimase per diversi anni.

Nel 1996 Eluana venne dichiarata interdetta per assoluta incapacità dal tribunale di Lecco. I giudici nominarono come tutore suo padre, il quale iniziò una battaglia per sospendere l’alimentazione della figlia. Il signor Beppino ottenne, solamente nel luglio del 2008, l’autorizzazione per fare ciò.

Nel febbraio del 2009 la donna venne trasportata in una casa di riposo ad Udine in quanto il direttore generale della sanità della Lombardia non voleva che la sentenza venisse eseguita nella sua Regione.

I medici sospesero progressivamente l’alimentazione e l’idratazione a Eluana. La donna morì alle 20.10 del 9 febbraio. A carico del padre venne aperta un’inchiesta per omicidio, che andò avanti diversi anni. Nel luglio del 2019 la famiglia ha ottenuto un risarcimento di 164mila euro dalla Regione Lombardia per avergli impedito di staccare l’alimentazione a Eluana.