È stata trovata morta impiccata nella sua abitazione di Casarano, in provincia di Lecce, ieri, 7 gennaio: ecco chi è la 26enne Roberta Bertacchi. Secondo gli inquirenti potrebbe essere stata istigata al suicidio, ma sono ancora molti gli interrogativi che avvolgono il suo caso.
Trovata morta impiccata a Casarano, in provincia di Lecce: chi è Roberta Bertacchi
Per fare luce sulla vicenda la Procura locale ha aperto un fascicolo d’inchiesta contro ignoti. L’ipotesi di reato è di “istigazione o aiuto al suicidio“. In pratica, secondo gli inquirenti, Roberta Bertacchi, di 26, potrebbe essere stata spinta a togliersi la vita da qualcun altro, forse il compagno 35enne, vicino agli ambienti ultras della zona e con alle spalle diversi precedenti per reati contro il patrimonio e spaccio.
Un testimone avrebbe infatti riferito di averli visti litigare animatamente in un locale di Casarano, a Lecce, dove la giovane aveva da poco preso in affitto una casa. Se dopo la discussione siano tornati insieme non è chiaro. Il giorno dopo il corpo della ragazza giaceva senza vita sul terrazzo dell’abitazione, impiccato con una sciarpa del Casarano calcio a una pensilina. A dare l’allarme era stato un vicino di casa.
Nelle scorse ore la sua salma è stata trasportata all’ospedale Vito Fazzi di Lecce in attesa dell’autopsia. Fondamentale per far luce sull’accaduto sarà anche l’analisi del dispositivo cellulare della 26enne, che lavorava come operaia in un’azienda calzaturiera. Sembra che da diverso tempo fosse in cura per delle patologie psichiatriche.
All’interno della sua abitazione c’erano diversi oggetti rotti e altri fuori posto. È possibile che li abbia danneggiati e spostati lei stessa durante un probabile stato confusionale o sono i segni di una lite violenta intercorsa tra lei e un’altra persona?, ci si chiede. È solo uno dei tanti interrogativi a cui le indagini, coordinate dal pm Rosaria Petrolo, dovranno tentare di rispondere.
Il caso di suicidio inscenato di Vera Schiopu
Il caso di Roberta Bertacchi ricorda, per certi versi, quello di Vera Schiopu, la 25enne di origini moldave trovata morta impiccata in un’abitazione di Ramacca, in provincia di Catania, lo scorso agosto. A dare l’allarme era stato il compagno romeno, di 30: telefonando al 112, l’uomo aveva riferito di aver trovato la giovane senza vita.
Nel corso delle indagini era emerso che potesse essere stato lui ad ucciderla, inscenandone il suicidio. Insieme a un suo connazionale era quindi stato arrestato e trasferito in carcere: è probabile che fosse ubriaco e che, al culmine di una lite, abbia picchiato e poi strangolato la fidanzata.
Una storia terribile, che a molti aveva riportato alla mente quella di Valentina Salamone, morta in circostanze simili nel 2010. La 19enne fu trovata senza vita, con la gola appesa alla trave di un casolare di campagna a Biancavilla, sempre a Catania, dopo aver trascorso la serata con il compagno di dieci anni più grande.
Nicola Mancuso, questo il suo nome, l’avrebbe uccisa e ne avrebbe poi inscenato l’impiccaggione. È la conclusione a cui erano arrivati i giudici che in passato lo hanno condannato all’ergastolo per omicidio volontario aggravato dai motivi abietti e futili, nonostante egli si sia sempre dichiarato innocente. Il sospetto è che abbia anche avuto un complice.
Per questo i familiari della vittima non si sono mai arresi e ancora oggi, a quasi quindici anni dai fatti, reclamano verità e giustizia, come le reclamano i genitori di Roberta, che hanno già espresso i loro sospetti sulla morte della 26enne, dichiarando di non aver mai accettato la relazione che la giovane aveva da poco intrapreso con il 35enne finito nel mirino degli inquirenti.