Il progetto di riforma delle pensioni proposto dal governo appare già delineato, sebbene non completamente definito. Le tracce di tale progetto emergono chiaramente dalle disposizioni introdotte nell’ultima manovra di bilancio, fornendo diversi spunti sul futuro del sistema previdenziale italiano.
Riforma pensioni 2025, riemerge Quota 41 ma con penalizzazione
Le direttive principali della riforma che dovrebbe vedere la luce nel 2025 sono principalmente due. La prima riguarda l’età pensionabile che, attualmente stabilita a 67 anni, aumenterà gradualmente con l’allungamento dell’aspettativa di vita (ad esempio, salirà di un mese nel 2030 e di un anno e un mese nel 2040). Coloro che continueranno a lavorare fino all’età pensionabile avranno diritto a ricevere un assegno pensionistico completo.
Il secondo punto è più delicato e riguarda il caso di coloro che desiderano anticipare il pensionamento. Qualunque sia il sistema adottato, sembra molto probabile che comporterà due elementi fondamentali. Il primo riguarda il ricalcolo contributivo dell’assegno pensionistico, il quale sarà presumibilmente più basso, fino al 20-25% in meno rispetto all’importo attuale. Il secondo elemento fondamentale ha preso forma sia con l’ultima versione della Quota 103 che con il pensionamento anticipato a 64 anni per chi è interamente nel sistema contributivo. Si tratta di un “tetto” massimo per l’assegno pensionistico: nel primo caso, è stato fissato a 4 volte l’importo minimo, mentre nel secondo a cinque volte. Questo tetto sarà applicato temporaneamente, fino a quando non si raggiungerà l’età di pensionamento prevista a 67 anni.
In sintesi, si sta spingendo per far sì che sempre più persone lavorino fino all’età pensionabile, rendendo dispendioso l’accesso anticipato alla pensione. In questo contesto, non sarebbe particolarmente proibitivo considerare anche Quota 41 proposta dalla Lega. Se l’assegno sarà ricalcolato secondo il sistema più penalizzante utilizzato per i giovani, il meccanismo dovrebbe funzionare. Questo potrebbe rappresentare un principio di “equità” al quale ha accennato Giorgia Meloni. Fino ad oggi, sono stati i giovani a subire le conseguenze della sostenibilità del sistema previdenziale, con un metodo di calcolo più svantaggioso (ma equo) per le loro pensioni. Ora, lo sforzo sarà richiesto a chiunque voglia anticipare il ritiro.
Riforma strutturale
In sintesi, sembra che il periodo dei piccoli interventi sia terminato. Giorgia Meloni ha riconosciuto la necessità di affrontare il tema delle pensioni in maniera più organica rispetto al passato, riferendosi alla conferenza stampa di inizio anno. Il governo sembra considerare la natalità e la sostenibilità previdenziale come aspetti interconnessi e interdipendenti. In effetti, l’ultima legge di bilancio ha affrontato entrambe le questioni.
Tuttavia, è chiaro che la strategia della maggioranza richiede interventi più incisivi. Sul fronte delle famiglie, l’esecutivo ha destinato un miliardo di euro. Tra le novità, vi è il fatto che lo Stato coprirà i contributi previdenziali per le madri con due figli o più e che l’accesso ai nidi sarà gratuito dal secondo figlio in poi.
Meloni, durante la presentazione della manovra, ha dichiarato: “Vogliamo stabilire che una donna che mette al mondo almeno due figli ha già dato un contributo importante alla società e, quindi, lo Stato in parte lo compensa pagando i contributi”. La scelta di esentare dai contributi e offrire l’asilo gratuito deriva dall’osservazione, ripetuta più volte dalla ministra per le pari opportunità, Eugenia Roccella, citando le statistiche Istat, che “la famiglia con due figli rimane il desiderio più espresso dalle donne italiane, ma spesso non riesce ad essere realizzato”.