Quale sarà la riforma delle pensioni del 2024, della legge “organica” come definita da Giorgia Meloni nei giorni scorsi, sembrerebbe di facile intuizione: quota 41 si potrebbe fare perché, dalle ultime mosse del governo con la legge di Bilancio 2024, diventerebbe “sostenibile” grazie ai tetti di pensione per chi esce in anticipo.
Da questo punto di vista, la legge organica di riordino delle pensioni si potrebbe facilmente intuire. Il futuro del sistema di previdenza degli italiani passerà, sempre di più, con la convenienza a uscire con la pensione di vecchiaia dei 67 anni, da rivalutare nel tempo in base alla speranza di vita. Ma sarà l’unica formula che potrà assicurare un assegno pieno, senza le penalizzazione delle quote, tra le quali la 41.
Riforma pensioni 2024: si punterà alla vecchiaia, quota 41 sostenibile con i tetti di uscita anticipata
Se è vero che nel 2024 arriverà una legge organica delle pensioni che rappresenterà la riforma tanto attesa, è altrettanto plausibile che, in base alle misure adottate dal governo di Giorgia Meloni nella legge di Bilancio 2024, si potrà facilmente prevedere quali saranno i meccanismi che regoleranno le uscite dei prossimi anni, in particolare quelle anticipate.
Una prima analisi porta a osservare che, sempre in misura maggiore, il governo punterà a far rimanere i contribuente a lavoro fino all’età prevista per la pensione di vecchiaia, attualmente fissata a 67 anni. Con le modifiche della speranza di vita, si aggiungeranno mesi – e poi anni – al requisito anagrafico, ma chi sceglierà di arrivare a maturare questo canale avrà la pensione piena, senza penalizzazioni.
Riforma pensioni 2024 quota 41 ‘sostenibile’, ecco le novità in arrivo
I tagli, invece, sono previsti per i lavoratori che scelgano i canali di uscita anticipata, alternativi rispetto a quelli della riforma Fornero (della vecchiaia e dell’anticipata dei soli contributi). Tuttavia, i vari canali si apprestano ad annullare i vantaggi del sistema previdenziale misto o retributivo. Chi andrà in pensione nel 2024 con la confermata quota 103, rispetto allo scorso anno si vedrà ricalcolare la futura pensione con il meno conveniente metodo contributivo puro, riservato ai lavoratori post 31 dicembre 1995.
L’importo della futura pensione, calcolano i sindacati, potrebbe scendere anche del 20 o del 25 per cento. Un secondo ordine di penalizzazione è insito in chi esca con quota 103 o con la pensione anticipata a 64 anni dei lavoratori del contributivo puro.
È previsto, infatti, un tetto di pensione mensile che dovrà regolare l’assegno fino alla maturazione dei requisiti anagrafici della pensione di vecchiaia. Per la quota 103, infatti, non si può andare oltre le quattro volte il trattamento minimo dell’Inps, per le pensioni anticipate a 64 anni il tetto sale a cinque volte il trattamento minimo.
Tagli alla pensione mensile, perché converrà uscire con la vecchiaia
Il tetto vige fino alla maturazione della pensione di vecchiaia dei 67 anni. Nel frattempo, per un periodo anche di cinque anni, comporta un taglio di pensione da considerare nella scelta del canale di uscita dal lavoro. In questo scenario, potrebbe essere facile intuire che la quota 41 si potrebbe fare, perché andrebbe nella direzione della sostenibilità, o meglio, dell’autosostenibilità.
Infatti, se anche la quota 41 prevedesse il ricalcolo dei contributi previdenziali con il sistema contributivo puro, gli oltre quattro decenni di versamenti dei lavoratori non troverebbero il giusto riconoscimento nella pensione futura, perché decurtata.
Da questo punto di vista, pertanto, ai lavoratori verrà richiesto sempre di più uno sforzo per continuare a lavorare fino all’età della vecchiaia o a rimetterci in termini di assegno mensile. È quanto avvenuto, da sempre, per l’opzione donna che prevede il ricalcolo dei contributi. Col passare degli anni, questa decurtazione si farà sempre meno pressante: in primis perché cala la quota del retributivo e misto e, in secondo luogo, proprio perché spariranno i lavoratori che rientrano nei due sistemi precedenti il contributivo puro.