Prenderà il via a febbraio, davanti alla Corte d’Assise d’Appello del tribunale di Busto Arsizio, il processo di secondo grado a carico di Davide Fontana, già condannato a 30 anni di carcere per l’omicidio dell’ex fidanzata Carol Maltesi, avvenuto a Rescaldina, in provincia di Milano, quasi due anni fa.
Verso il processo d’Appello a carico di Davide Fontana, condannato per l’omicidio di Carol Maltesi
I fatti risalgono all’11 gennaio del 2022. Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, Fontana avrebbe colpito l’ex fidanzata 26enne con un martello e poi con un coltello durante le riprese di un filmino hard, approfittando del fatto che fosse legata.
Si trovavano nella sua casa a Rescaldina, in provincia di Milano. La giovane gli aveva da poco rivelato di voler lasciare la città per trasferirsi a Verona e raggiungere il figlio di sei anni avuto da un precedente compagno. Una decisione che lui non aveva saputo accettare.
Dopo averla ammazzata e aver tentato di disfarsi del suo cadavere bruciandolo (senza riuscirci), l’aveva fatto a pezzi, conservandolo all’interno di un congelatore comprato online. Poi l’aveva avvolto in dei sacchi neri per l’immondizia e abbandonato ai margini di una strada di campagna del Bresciano, dove un passante l’aveva notato, dando l’allarme.
I sospetti, a quel punto, si erano concentrati subito su di lui, che nei due mesi intercorsi tra il delitto e il ritrovamento del corpo della giovane, si era finto lei, rispondendo ai messaggi dei suoi familiari, utilizzando la sua auto e le sue carte di credito. Una volta fermato, davanti agli inquirenti era crollato, confessando tutto.
La sentenza choc emessa nei confronti del killer in primo grado
Fontana si è reso conto che la giovane e disinibita Carol Maltesi si era in qualche misura servita di lui per meglio cercare i propri interessi personali e professionali.
Questo, insieme alla
consapevolezza di aver perso la donna amata, accompagnata dal senso di crescente frustrazione per essere stato da lei usato e messo da parte,
ne avrebbe scatenato la furia omicida. È scritto nero su bianco nelle motivazioni della scioccante sentenza con cui i giudici di primo grado, facendo cadere le aggravanti che gli erano state contestate (i motivi abietti e futili, la crudeltà e la premeditazione), hanno condannato il 45enne a 30 anni di carcere e non all’ergastolo, come era stato chiesto dalla pubblica accusa.
Il pm titolare del caso è tornato ad invocarlo anche in Appello. L’obiettivo della difesa di Fontana, rappresentata dagli avvocati Stefano Paloschi e Giulia Ruggeri, è invece quello di ottenere un ulteriore sconto di pena per l’uomo, che nel frattempo – a differenza di quanto accaduto per Benno Neumair – è stato anche ammesso a un programma di giustizia riparativa. A tale scopo hanno chiesto il riconoscimento del rito abbreviato, finora escluso.
La storia di Carol Maltesi
Carol Maltesi lavorava come commessa per un negozio di profumi all’aeroporto di Milano Malpensa, ma da qualche tempo si era avvicinata al mondo del porno a pagamento attraverso il sito OnlyFans col nome di “Charlotte Angie”.
Con Davide Fontana aveva avuto una relazione sentimentale. Dopo essersi lasciati i due erano comunque rimasti in contatto: non di rado, come nel giorno dell’omicidio, si vedevano a casa di lei per girare dei video da pubblicare online.
Secondo i suoi familiari, il suo killer avrebbe dovuto ricevere una pena più dura, non solo per ciò che ha fatto, ma anche per averne oltraggiato la memoria. Quando è stato ritrovato, in effetti il suo corpo era irriconoscibile. Il sospetto è che sia stato “graziato” solo per via del lavoro svolto dalla giovane.
Lo aveva messo in luce il legale Annamaria Rago, che poco dopo la sentenza aveva dichiarato:
Sconvolge il giudizio morale che trasuda dalla sentenza. Di fatto i giudici non hanno ritenuto legittima la volontà di Carol di allontanarsi da Fontana e vivere la propria vita secondo i propri desideri, ma al contrario hanno valorizzato la prospettiva di Fontana di sentirsi frustrato per l’imminente abbandono,
quasi giustificando il suo inaccettabile gesto. Anche su questo si concentrerà il processo in programma a Varese dal prossimo 21 febbraio.