Nato e cresciuto a pane e pallone. Alessandro Canovi è un procuratore sportivo che ha acquistato negli anni grande rispetto e che si è sempre distinto per serietà e professionalità. D’altronde ha avuto la possibilità di studiare tanto e di imparare da uno dei migliori. Figlio di Dario, decano del settore e l’agente più longevo in attività, insieme hanno costruito la loro agenzia e curano gli interessi di calciatori e allenatori di assoluto livello. Per fare il punto sulla sessione invernale e capire come cambia il mercato senza il decreto crescita, Canovi è intervenuto in esclusiva a Tag24.
Come cambia il mercato senza il decreto crescita? Canovi a Tag24
Il mondo del calcio era fermo alla finestra ad aspettare la decisione del Governo e le cose poi non sono andate proprio come i club di Serie A speravano. Nessuna proroga al decreto crescita, questo è ciò che è stato deciso e ufficializzato e che rischia di cambiare nell’immediato la sessione di calciomercato. Tutte le società avrebbero bisogno di rinforzare la rosa, ma i tanti debiti che le attanagliano e la mancata possibilità di usufruire di un regime fiscale agevolato cambia le carte in tavola. Secondo molti addetti ai lavori, questa può diventare un’opportunità per rilanciare calciatori giovani e magari italiani, ma in realtà non è del tutto così. La circolazione di stranieri continuerà, probabilmente, nello stesso identico modo. E allora, come cambia il mercato senza il decreto crescita? Lo abbiamo chiesto all’agente FIFA, Alessandro Canovi, intervenuto in esclusiva a Tag24.
Il Governo ha preso la sua decisione: nessuna proroga al decreto crescita. Come cambia adesso il calciomercato in Italia?
“In realtà penso cambi relativamente, perchè da quanto vedo e percepisco, i calciatori stranieri continuano e continueranno ad essere cercati dalla nostra Serie A. Fondamentalmente però era un mercato povero prima e lo sarà anche adesso, a prescindere da questa decisione. Il decreto crescita era una formula interessante perchè consentiva alle società di contenere i costi. Adesso ne vedremo gli effetti nel breve e medio termine. Il problema principale resta un altro, ovvero non quello di abbassare i costi, ma quello di aumentare i ricavi”.
Anche perchè i club più importanti in Italia, hanno situazioni economiche compromesse e debiti per milioni e milioni di euro.
“Il problema è proprio questo. Con il decreto crescita si agevolava il club a far rientrare calciatori in Italia, usufruendo di un sistema economico agevolato e riducendo le tasse al minimo. Sono ormai anni, però, che questo settore è in crisi. Se non si capisce come fare per aumentare i ricavi, il sistema non può reggere”.
Campioni del calibro di Lukaku, o Mourinho però, senza il decreto crescita, probabilmente non sarebbero mai tornati. Ne va della competitività del campionato?
“Che non sarebbero tornati in Serie A, a quelle cifre, è poco ma sicuro. La domanda che dobbiamo porci però è un’altra. Questi giocatori, che costano così tanto, quali ricavi garantiscono al club che li acquista? Il caso della Roma è particolare, perchè è chiaro che il fenomeno Mourinho ha dato i suoi frutti. Lo stadio Olimpico è sempre pieno e la società ha sicuramente aumentato gli introiti. Ma non è sempre così, anzi non lo è quasi mai. In Italia non c’è un disegno organico sui ricavi, e questo non certo per colpa del calcio ma della politica. Bisognerebbe fare qualcosa di diverso per aiutare questa industria. Perchè ricordiamoci che il calcio lo è a tutti gli effetti. Mi sembra però che siamo ancora in alto mare, anche dal punto di vista infrastrutturale”.
Fatte tutte queste considerazioni, pensi che i club faranno un passo indietro e ricominceranno a costruirsi il talento in casa, magari puntando di puù sul settore giovanile?
“Non credo. A livello tecnico bisognerebbe prendere esempio dalla Spagna. Anche in Liga ci sono tanti stranieri, ma allo stesso tempo i club continuano a far uscire giovani talenti da poter sfruttare anche sul mercato. Perchè questo avviene? Perchè hanno le seconde squadre da una vita. In questo momento però, non potremmo pensare di fare lo stesso in Italia, perchè le seconde squadre non sono altro che costi. Si dovrebbe fare qualcosa per cambiare questo aspetto e migliorare in tal senso. Non spetta a me dire cosa, se ne dovrebbe occupare la politica”.
Quindi il calciomercato non ne risentirà troppo?
“Di base c’era il calciomercato prima del decreto crescita, e ci sarà anche dopo, non vedo problemi da questo punto di vista. Ma resto convinto che la governance di Lega e la politica dovrebbero trovare il modo per aumentare i ricavi, perchè questa industria è in crisi ed è un peccato, visto che il calcio lo sappiamo fare molto bene”.
Quello di gennaio è sempre stato un mercato particolare, di riparazione. In questo caso lo sarà ancora di più e si muoveranno solo poche squadre?
“Dipende sempre da quali sono i risultati a cui si vuole ambire. Bene o male, le squadre più importanti, cercheranno comunque di rinforzarsi. Ci saranno molti movimenti interni, come sta facendo ad esempio il Napoli che sta prendendo un giocatore dalla Salernitana e ne prenderà uno dall’Udinese. Questo non vuol dire dare più spazio ai calciatori italiani, sia ben chiaro, perchè anche sul mercato nazionale moltissimi di coloro che si muoveranno sono stranieri. Poi c’è sempre il vincolo sul numero di extracomunitari all’interno di ogni club, e questo non cambierà. Per legge non si può invece limitare la circolazione dei calciatori comunitari”.