Creare un servizio in grado di offrire domini con estensione .bit, basato su blockchain: questo è l’intento su cui è nato Namecoin, il progetto creato nel 2011, nell’intento di offrire agli utenti una catalogazione sicura delle proprie informazioni personali.

Si tratta di una soluzione di cui ormai non si parla molto, ma che all’epoca si propose come primo vero sfidante di Bitcoin, o quasi. Una sfida naturalmente improba e confinata ad un momento storico in cui ancora le criptovalute stavano muovendo i primi passi e non ce n’erano molte. Ma di cosa si tratta esattamente?

Namecoin: di cosa si tratta?

Namecoin si propone di fornire un sistema DNS decentralizzato e gestire identità crittograficamente sicure. Tra i suoi utilizzi nel corso del tempo, il più popolare è sicuramente quello tendente a criptare in maniera completa un sito web,, impedendo in tal modo qualsiasi tentativo di censura o controllo.

Chi intende avere un sito con estensione .bit, può acquistarlo dal “Namecoin wallet”, con un procedimento estremamente semplice e, soprattutto, molto conveniente in termini di costi. A renderlo tale il fatto che il sistema DNS decentralizzato è molto meno costoso rispetto a un sistema da registrare presso una terza parte centralizzata, ad esempio Aruba.

Il sistema Namecoin è in grado di fungere da DNS di se stesso grazie al fatto di operare al di fuori della giurisdizione dell’ICANN, l’organismo che è stato fondato nel 1998 per gestire unitariamente gli indirizzi IP e tutto ciò che ne consegue

Trattandosi di un DNS totalmente anonimo, privo di un’autorità centrale, in cui non si richiedono informazioni personali, si tratta in pratica di un servizio preziosissimo per provare a preservare la democrazia reale. Basti pensare a come può essere utilizzato in ogni parte del globo per condurre battaglie politiche rese altrimenti impossibili dal ferreo controllo governativo su tutto ciò che è centralizzato.

Come funziona Namecoin

Namecoin vanta una caratteristica molto importante: lo stesso codice sorgente di Bitcoin. Ne rappresenta quindi una vera e propria copia. Per il mining utilizza l’algoritmo di consenso Proof-of-Work in concorso con l’algoritmo SHA-256, coi minatori che possono minare Namecoin mediante il mining congiunto.

La tokenomics prevede i canonici 21 milioni di esemplari, con lo stesso sistema di sincronizzazione e invio di messaggi attraverso la rete. Namecoin, dal canto suo, consente la riduzione dei propri coin in sottounità sino a otto decimali. Una caratteristica tale da farne la valuta virtuale più complicata da generare se si fa eccezione per BTC.

Tra le principali differenze, quella relativa al fatto che Namecoin ha una propria blockchain e un token di servizio, NMC. Una differenza dovuta all’implementazione di una serie di campi nei blocchi di Bitcoin, quelli che sono stati espressamente creati nell’intento di dare luogo ad una vera e propria infrastruttura dedicata ai nomi di dominio.

Infine, l’ultima grande differenza tra Namecoin e Bitcoin, il successo arriso al progetto. Al momento, infatti, NMC si trova al 933° posto nella classifica di settore. In pratica il progetto non è mai riuscito a decollare e non è difficile capire il motivo. Il fatto di aver dovuto fare i conti con il gigante della criptosfera ha presto allontanato coloro che potevano essere interessati a sfruttare il progetto da un punto di vista finanziario. Ci sono quindi pochi nodi e pochi utenti, ponendo una ipoteca pesantissima sul futuro.

Una vita stentata che rappresenta a tutti gli effetti un vero colpo al cuore per i criptofan più romantici. Dopo l’uscita del white paper di Bitcoin, infatti, proprio Satoshi Nakamoto propose di trasformare Bitcoin in un servizio DNS, denominato BitDNS. Idea che trovò l’approvazione di Gavin Andresen, venendo però presto abbandonato dai proponenti, prima del definitivo lancio ad opera di altri.