Una vicenda davvero particolare è stata portata all’attenzione della Corte Suprema dell’Australia Occidentale. Una 62enne, infatti, ha chiesto di poter prelevare lo sperma del marito morto per avere un altro figlio. Sebbene, la fecondazione postuma non sia consentita dall’Australia occidentale, la donna ha comunque ottenuto il permesso al prelievo.
Australia, fecondazione postuma: la Corte Suprema concede l’ok per il prelievo di sperma, ma non per il suo utilizzo
La richiesta pervenuta alla Corte Suprema dell’Australia Occidentale è quantomai bizzarra e complessa. Una 62enne, infatti, avrebbe chiesto e ottenuto il permesso di prelevare lo sperma del marito 61enne, morto alla fine dello scorso anno.
Attualmente il corpo del 61enne defunto si trova all’ospedale Sir Charles Gairdner, al quale la donna aveva richiesto il prelievo. L’ospedale avrebbe dovuto prontamente mettere a disposizione un “ufficiale designato”, ma non lo ha fatto. Per cui, la 62enne ha deciso di rivolgersi al giudice.
La coppia aveva già avuto due figli naturali, purtroppo morti in due incidenti diversi, da qui la volontà dei coniugi di avere un terzo bambino. Poi l’improvvisa morte di lui e il parere negativo di un esperto di fertilità, che aveva sconsigliato alla donna una nuova gravidanza, data l’età avanzata.
Tutto faceva presagire che il sogno fosse definitivamente sfumato, sino alla perizia sullo sperma del marito morto, che, invece, ha dichiarato che il seme è rimasto vitale. I giudici della Corte Suprema ha, perciò, acconsentito alla richiesta, dopo aver saputo che la cugina 20enne della donna ha accettato volontariamente di fare da madre surrogata per una fecondazione in vitro.
La motivazione dei giudici
Per poter utilizzare lo sperma, la donna dovrà rivolgersi a un tribunale separato, dal momento che l’Australia occidentale non permette la fecondazione postuma. I giudici hanno motivato così la sentenza:
Questi ordini si limitano a consentire la rimozione degli spermatozoi e non costituiscono un’autorizzazione all’uso degli spermatozoi da parte del richiedente, e non considerano in alcun modo se il richiedente possa o non possa soddisfare i criteri legali a tale riguardo
Il prossimo passo, dunque, sarà quello di chiedere il trasferimento del seme prelevato in un’altra giurisdizione che consente tale procedura. Immancabile, nel testo della Corte, il rimprovero all’ospedale per non aver tempestivamente messo a disposizione della donna l“ufficiale designato”: questo avrebbe evitato la necessità di una affrettata richiesta in tribunale.