Il Bitcoin, stando alle previsioni formulate da un gran numero di analisti, si trova ormai in prossimità di un nuovo ciclo ascensionale. A concorrere in tal senso, sempre secondo gli esperti, sarebbero due fattori: la prevista approvazione dell’ETF spot sull’icona crypto, attesa per la prima metà del mese, e il quarto halving, ovvero il dimezzamento delle ricompense spettanti ai minatori, che dovrebbe invece avere luogo tra la fine di marzo e l’inizio di maggio.

Proprio in considerazione di quanto sta accadendo, molti investitori si pongono domande sulla convenienza o meno di puntare con forza su BTC. Tra le tante ce n’è una estremamente interessante, che sembra segnare il definitivo cambio di narrazione sulla creazione di Satoshi Nakamoto: conviene realmente preferirlo all’oro fisico?

Bitcoin è il nuovo oro, ma digitale

Dopo anni in cui ha suscitato grande diffidenza, ormai da tempo Bitcoin sembra godere di ben altra considerazione. Sono sempre di più gli investitori che decidono di inserirlo nel proprio portafogli, magari anche soltanto per diversificarlo. Il punto è che, indipendentemente dalla quantità su cui sono disposti ad investire, lo considerano a tutti gli effetti oro digitale.

Lo è perché come l’oro fisico si tratta di un bene finito. Una volta che saranno stati estratti i 21 milioni di token che rappresentano l’offerta massima, non ci saranno aggiunte. L’estrazione dei nuovi gettoni virtuali, inoltre, diventerà sempre più difficile, spingendo all’abbandono molti dei minatori che continuano a dedicarsi a questa lucrosa attività. A spingerli in tal senso la necessità di risorse computazionali sempre più costose, con una spesa sempre crescente e scarsamente abbordabile.

Occorre anche sottolineare che quando si afferma che ci i Bitcoin saranno al massimo 21 milioni si dimentica che una parte di essi è praticamente scomparsa. Già nel 2021, infatti, quando ne erano stati minati il 90%, un buon 20% non era più sul mercato. In pratica, i legittimi possessori avevano smarrito le chiavi private per poter accedere ai wallet. Chiavi che non possono più essere recuperate, per un motivo o per l’altro.

Oro, sì, ma non fisico

Quindi, Bitcoin rappresenta oro digitale e da qui è nata la corsa a cercare di accaparrarselo. Una corsa cui si sono iscritti ora anche gli investitori istituzionali, che sembrano in effetti pregustare l’affare. Un nuovo atteggiamento il quale ha praticamente tolto di mezzo le invettive che buona parte del mondo finanziario ha per lungo tempo riservato alla regina delle criptovalute.

Basta in effetti ricordare le accuse mosse da Davide Serra, il fondatore di Algebris, secondo il quale Bitcoin non sarebbe altro che una lavanderia di soldi sporchi. Accuse rispedite al mittente con la pratica accusa di ignoranza da parte della Bitcoin Foundation. In effetti se c’è un bene che non dovrebbe essere usato per il riciclaggio di soldi sporchi è proprio BTC, il cui libro mastro è pubblico. Una volta inserita al suo interno, una transazione non può più essere modificata, riportando gli estremi della stessa.

Un caso a parte è poi quello di Jamie Dimon, il numero uno di JPMorgan Chase. Prima violento detrattore delle criptovalute, non ha avuto eccessive difficoltà a convertirsi alla nuova narrazione, con i trader della sua banca che sono ben felici di provare a trarre profitto dai movimenti del token sui mercati.

Del resto, se BlackRock, la più grande società d’investimento a livello mondiale, ha deciso di puntare con forza su un ETF spot, che ne presuppone il possesso, vuol dire che ormai BTC è non solo entrato in una nuova fase della sua vita, ma si appresta all’adozione globale.

Meglio fisico o digitale?

I pareri contrastanti sull’icona crypto sono all’improvviso diventati minoritari. Se secondo Nassim Taleb, autore del “Cigno nero”, il suo valore intrinseco è pari a zero, Steve Wozniack, co-fondatore di Apple, lo definisce invece alla stregua di un vero e proprio miracolo matematico.

In effetti, il punto di vista di Taleb non è del tutto campato in aria. Con l’oro fisico ci si può non solo fare trading, ma anche utilizzarlo per scopi industriali. Con quello digitale il secondo ambito è totalmente impossibile, non esistendo nella realtà.

Proprio per questo Warren Buffett, l’oracolo di Omaha, uno dei più noti uomini d’affari al mondo, ha sempre rifiutato di adottarlo. Un atteggiamento il quale dovrebbe perlomeno spingere gli interessati a porsi qualche domanda e, magari, prima di investire massicciamente su quello che al momento si profila come il grande affare dell’anno appena iniziato.