Si aggrava la posizione di Annalucia Cecere, la 53enne residente a Cuneo rinviata a giudizio per l’omicidio della 24enne Nada Cella, avvenuto a Chiavari, in provincia di Genova, il 6 maggio 1996: stando a quanto emerso da alcune intercettazioni, per tanto tempo – fino a pochi mesi fa – la donna avrebbe tentato di depistare le indagini riguardanti il cold case, perseguitando telefonicamente un ex fidanzato dell’epoca per convincerlo del falso.

Le intercettazioni di Annalucia Cecere, rinviata a giudizio per l’omicidio di Nada Cella

Il 27 maggio 2023 la Cecere riesce a contattare A.R. con uno stratagemma… e mostra con lui un vero e proprio atteggiamento, di nuovo, persecutorio, nel tentativo di indurlo a ricordare che all’epoca dell’omicidio ancora si stavano frequentando. A.R. invece appare fermo nel ricordare che la loro relazione era senz’altro finita nel 1996,

scrive la Procura nelle carte che accompagnano la richiesta di rinvio a giudizio per Annalucia Cecere, che dovrà comparire davanti al gup il prossimo 25 febbraio. Il riferimento è ad alcune conversazioni intercettate intercorse tra la donna, oggi 53enne, e un ex fidanzato dell’epoca dell’omicidio di Nada Cella.

Contattandolo, la Cecere avrebbe cercato di convicerlo del falso, non solo in merito alla loro frequentazione.

I due conversano dei bottoni che erano appartenuti ad una giacca di A.R. che si trovava a casa della donna – scrive ancora la Procura -. Lei lo informa di avere a suo tempo riferito ai carabinieri che l’avevano perquisita, di aver buttato via la giacca, lui invece afferma di essere certo di averla conservata e usata dopo quei fatti per molti anni, per recarsi a pescare.

Si tratta di elementi particolarmente rilevanti, perché accanto al corpo di Nada Cella, trovato senza vita all’interno dello studio del commercialista Soracco, dove la giovane lavorava, fu rinvenuto proprio un bottone.

L’accusa di omicidio volontario aggravato

La donna è accusata di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e dai futili motivi. Secondo la Procura, uccise la 24enne di Chiavari “per motivi di rancore e di gelosia”, non potendo accettare la sua posizione in ambito lavorativo e sentimentale, per le attenzioni riservatele dal capo, Marco Soracco.

Si spiegherebbe così anche il suo interesse nel tentare di “spostare il periodo della relazione e della fine del rapporto” con l’ex: se fosse riuscita a dimostrare che all’epoca del delitto fosse ancora impegnata, avrebbe potuto sostenere di non provare alcun interesse nei confronti di Soracco, facendo cadere il movente.

I fatti risalgono al 6 maggio del 1996. Ad incastrare la Cecere, indagata dal 2021, sarebbero state le “nuove prove” raccolte nell’ambito delle indagini difensive portate avanti dal legale della famiglia Cella, Sabrina Franzone, con il supporto della criminiloga Antonella Delfino Pesce.

Scandagliando gli atti dell’inchiesta archiviata poco dopo i fatti, le due si erano infatti imbattute in alcuni particolari in passato sottovalutati, come la testimonianza di una donna che, subito dopo il ritrovamento della vittima, aveva riferito agli inquirenti di aver visto la 53enne allontanarsi dalla scena del crimine in sella a uno scooter, tirandola di nuovo in causa.

Le posizioni di Marco Soracco e della madre

Sempre secondo la ricostruzione della Procura, Soracco avrebbe tentato di proteggere la donna con l’aiuto della madre Marisa Bacchioni, sia rilasciando dichirazioni non veritiere, sia ripulendo le tracce lasciate dalla presunta killer della 24enne negli spazi comuni del condominio in cui fu trovata morta.

Entrambi sono stati rinviati a giudizio per false dichiarazioni davanti al pm e favoreggiamento. In un dialogo registrato negli uffici della squadra mobile la mattina del 26 maggio del 2021, giorno in cui erano stati convocati per rendere “sommarie informazioni” – ora finito agli atti del processo -, si sentirebbe la donna dire al figlio:

Guarda un po’ quanto danno ci ha fatto quella donna lì,

riferendosi alla Cecere anche con l’appellativo di “disgraziata”, come se sapesse già cosa li avrebbe aspettati, nonostante l’indagine, a carico di ignoti, fosse alle battute iniziali. È probabile, secondo la Procura, che fossero a conoscenza del coinvolgimento della donna, dopo averla sorpresa sul luogo del delitto.

A breve nei loro confronti si aprirà il processo. Con le eventuali condanne il caso della 24enne potrebbe finalmente ottenere, dopo tanti anni, la giustizia che merita. Lo metteva in luce l’avvocato Franzone dopo la chiusura delle indagini, dichiarando a Tag24: “È un passo importante per la famiglia, tante domande hanno finalmente trovato una risposta”.