Economia. Dilaga la crisi nelle banche. I sindacati non ci stanno.
Stavolta è il braccio italiano del colosso spagnolo, Bbva Finanzia,
dedito per lo più al credito al consumo, a correre ai ripari con un
piano di esuberi che colpisce quasi la metà dei dipendenti.
Inascoltato finora, a detta delle rappresentanze di categoria,
l’articolato piano di controproposte. Oggi l’ennesimo incontro.

E’ un piano di ristrutturazione da lacrime e sangue quello proposto
dai vertici della Bva Finanzia Spa, il braccio italiano dell’omonimo
colosso spagnolo, dedito per lo più, nel nostro paese, a erogare
prestiti al consumo. E i sindacati non ci stanno: l’incubo di lasciare
a spasso quasi la metà dei dipendenti è un boccone troppo amaro da
digerire. Inaccettabile. Sessanta gli esuberi previsti, il 45% del
totale forza lavoro che conta poco più di 130 dipendenti. Il fronte
unitario della rappresentanza sindacale è convinto che potrebbero
esserci strade alternative per rimettere in piedi l’Istituto, anche
senza toccare gli attuali livelli occupazionali, ma i vertici
aziendali finora, dicono, fanno orecchie da mercante. L’allarme è
scattato a metà giugno scorso, quando è stata avviata la procedura
prevista dall’art. 18 del contratto del credito. Una mossa che ha
lasciato di stucco i lavoratori che appena due mesi prima avevano
ricevuto il bonus in busta paga, una misura inusuale per un’azienda
sull’orlo del baratro. Ormai è muro contro muro. Oggi è prevista
l’ennesima riunione, durante la quale la dirigenza dovrà esprimersi
sull’articolata controproposta firmata da Dircredito, Fiba/Cisl,
Fisac/Cgil, Uilca. Ne abbiamo parlato con una esponente di
quest’ultima, la Uilca, Maria Teresa Ruzza.

Dal vostro documento, emergono una serie di proposte alternative al
taglio netto dei posti di lavoro.
“Il sospetto è che finora l’azienda abbia portato avanti una gestione
a dir poco allegra. Perché? Dal 2004 al 2010, i bilanci sono stati
sistematicamente in rosso. Eppure l’azienda non solo ha continuato ad
assumere, ma ha pure elargito a piene mani premi e bonus prettamente
discrezionali. Poi, nel 2011, per la prima volta, l’esercizio si è
chiuso in attivo. E ora ci si accorge di essere a un passo dal
fallimento. C’è qualcosa che non va”.

Bbva in Italia si è prevalentemente occupata di credito al consumo. Un
settore che, lo confermano pure gli ultimi dati dell’Abi, è ridotto al
lumicino. Ma, ancora peggio, l’azienda si occupava di finanziamenti
per l’acquisto di auto che hanno subito un crollo senza precedenti. Mi
sembra che voi contestiate proprio il fatto di non aver diversificato
le attività.
“Noi diciamo soltanto che hanno avuto abbastanza tempo per accorgersi
che forse era il caso di aggiustare il tiro e non limitarsi a rimanere
la finanziaria dei concessionari di automobili. L’azienda fa parte di
un colosso che, in Spagna, ha le spalle copertissime e che si sta
espandendo all’estero, anche fuori dall’Europa. Si possono immaginare
piani di salvataggio senza sacrificare quasi la metà dei posti di
lavoro. I lavoratori, sono pronti, a fare a loro volta dei sacrifici.
Ed è su questo che abbiamo chiesto di ragionare”.

E, infatti, avete presentato una serie articolata di proposte che
potrebbero riequilibrare i conti senza mandare la gente a casa. Le
linee principali?
“Cominciamo dal taglio immediato di spese non indispensabili: via
premi e bonus. Poi si potrebbe risparmiare sugli uffici delle filiali,
scegliendo sedi più piccole e convenienti. E, ancora, per conquistare
nuove fette di mercato, si potrebbe rafforzare la squadra del
commerciale riconvertendo a questo ruolo parte del personale
amministrativo. Per quanto riguarda l’occupazione: perché, prima di
avviare provvedimenti drastici, non si ricorre a formule tipo
contratto di solidarietà e part time? Come vede, siamo pronti anche
noi a fare sacrifici per salvare l’azienda e il posto di lavoro.
Perché, con la disoccupazione alle stelle, non è il momento di mandare
la gente per la strada. E anche perché è troppo facile gestire una
società con leggerezza, senza badare a spese. E poi, quando
improvvisamente ci si accorge che i conti non tornano, decidere di
passare sulla testa dei lavoratori”.

Ecco il comunicato con le proposte unitarie del sindacato:
· Insourcing delle attività di recupero crediti (in tutto o in parte)
· Blocco assunzioni
· Blocco prestazioni straordinarie
· Blocco bonus discrezionali
· Richiesta all’azienda di informare tutti i lavoratori della propria
disponibilità ad accettare richieste
da parte dei colleghi di trasformazione del proprio contratto da tempo
pieno a tempo parziale
· Richiesta di realizzazione di job posting internazionale su base
volontaria (con canale preferenziale
rispetto all’assunzione dall’esterno)
· Ricorso alla mobilità territoriale (anche verso il settore bancario
o passaggio nelle società di renting)
· Riconversione di risorse interne verso il settore commerciale (con
formazione mirata, utilizzando
tutti i possibili strumenti di formazione finanziata)
· Possibile assegnazione a mansioni diverse anche in deroga all’art.
2103 cod. civ.
· Risparmio su canoni di locazione filiali (con ricorso al telelavoro)
· Riduzione spazi filiali e razionalizzazione rete (evitando la
penalizzazione delle filiali collegate in
regioni del sud Italia)
· Riallineamento della contribuzione alla previdenza aziendale
all’1,50 % per tutti i dipendenti
· Verifica benefit aziendali nell’ottica della razionalizzazione e
possibile riduzione (con disponibilità
delle organizzazioni sindacali ad affrontare l’argomento attraverso
una commissione paritetica)
· Revisione dei canoni di locazione
· Ricorso al CONTRATTO DI SOLIDARIETA’: 1 giorno al mese di riduzione
orario di lavoro con
conseguente riduzione stipendio per aree professionali e quadri
(risparmio per azienda 5,3% sul
costo del lavoro) fino al 31.12.2013
· Invito ai dirigenti per analoga rinuncia alla retribuzione, nella
misura del 10 %
· Possibilità di esodi incentivati volontari

Redazione Le Novae/mf