Trentuno anni, operaio di professione: chi era Roberto Laboriosi, ucciso a coltellate dal padre a San Felice a Cancello, nel Casertano. I fatti risalgono al tardo pomeriggio di ieri, 30 dicembre. Stando a quanto ricostruito finora, l’omicidio si sarebbe consumato al culmine di una lite scoppiata per motivi ignoti. Una vicenda che ha sconvolto la comunità locale, come quella che pochi giorni fa, ad Arzachena, aveva portato alla morte del 58enne Giovanni Fresi per mano del figlio Michele, di 27 anni.
Ucciso a coltellate dal padre a San Felice a Cancello: chi era Roberto Laboriosi
Roberto Laboriosi aveva 31 anni e lavorava come operaio. Le sue più grandi passioni erano la moto e il pugilato: sognava di poter aprire una palestra tutta sua. Ieri, 30 dicembre, si è spento dopo essere stato colpito con un’arma da taglio dal padre.
Sembra che stessero discutendo animatamente quando, dopo essersi spostati all’esterno dell’abitazione di famiglia, situata a poca distanza dalla stazione ferroviaria di San Felice a Cancello Scalo, nel Casertano, il più anziano si sarebbe scagliato con forza contro l’altro, accoltellandolo alla clavicola destra e provocandogli una grave emorragia.
A dare l’allarme erano stati gli stessi familiari, dopo essersi resi conto dell’accaduto. Al loro arrivo i carabinieri avevano trovato la madre di Laboriosi riversa sul suo cadavere (poco dopo avrebbe avvertito un malore) e il padre, dipendente dell’ente provinciale di Napoli, in stato confusionale, traendolo in arresto e trasferendolo in caserma, dove a lungo, nelle scorse ore, lo hanno ascoltato.
“Non volevo ucciderlo“, avrebbe continuato a ripetere in lacrime ai militari, non riuscendo a capacitarsi di quanto aveva fatto poco prima. Nelle prossime ore gli inquirenti dovranno ricostruire l’esatta dinamica dell’accaduto e fare luce sui motivi che avrebbero provocato la lite finita nel sangue.
Vola più in alto che puoi Angelo mio… mi hai distrutta… ti amerò per sempre,
sono le parole dedicate sui social dalla compagna al 31enne, la cui vicenda ha sconvolto la comunità locale.
La vicenda di Arzachena, in provincia di Sassari
Qualche giorno fa ad Arzachena, in provincia di Sassari, un 27enne aveva ucciso a bastonate il padre di 58 dopo aver assunto massicce quantità di stupefacenti, 10 acidi di Lsd e un grammo di cocaina. Sembra che a chiamare la vittima fossero stati i titolari di un bar situato a pochi passi dall’abitazione di famiglia, dopo aver notato che il figlio – in evidente stato di alterazione – aveva preso ad infastidire alcuni degli avventori del locale.
Al suo arrivo, il 27enne l’aveva colpito con un bastone di legno fino a lasciarlo a terra esanime. Ma aveva anche aggredito una ragazza fratturandole la mandibola e due dei carabinieri intervenuti dopo l’omicidio su segnalazione dei presenti: non riuscendo a distinguerne i volti, si era convinto che fossero degli alieni e che volessero aggredirlo. Così ha riferito agli inquirenti che nelle scorse ore lo hanno fermato.
Giovanni Fresi, questo il nome del padre, lavorava come orafo e ad Arzachena era conosciuto e apprezzato. Al figlio Michele voleva molto bene: non era la prima volta che andava a recuperarlo in strada per farlo calmare e riportarlo a casa. Non si aspettava, forse, un così tragico epilogo. Non se lo aspettava nessuno, nonostante il temperamento violento del 27enne, che più volte era finito nei guai per motivi di droga.
Ora è detenuto nel carcere di Nuchis, a Tempio, con l’accusa di omicidio aggravato, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali aggravate dall’uso di un’arma. Il pm titolare delle indagini ha chiesto che su di lui vengano svolti degli accertamenti ematici. Sul corpo della vittima, invece, sarà effettuata un’autopsia.