Raggi X, cosa sono e come funzionano: ecco tutto quello che c’è da sapere. La loro scoperta si deve ad un ricercatore e docente di fisica dell’università tedesca di Wurzburg, Wilhelm Konrad Rontgen, che, la sera del 31 dicembre 1895, riuscì a fotografare una mano utilizzando un apparecchio di sua invenzione. Nel 1901, proprio grazie a ciò, ricevette il primo Premio Nobel per la Fisica.
Raggi X: che cosa sono?
I Raggi X, detti anche Raggi Rontgen, sono una porzione di spettro elettromagnetico con lunghezza d’onda compresa approssimativamente tra 10 nanometri e 10 picometri. Sono radiazioni ionizzanti, dal momento che sono in grado di togliere elettroni dagli atomi neutri che diventano ioni sotto l’effetto di un campo elettrico.
Oggi sono molto famosi ed utilizzati (e non solo in campo medico) perché hanno un’importante caratteristica: quella di riuscire a penetrare a fondo. Ci sono poi due tipi di Raggi X: quelli detti “molli”, con una lunghezza d’onda superiore a 0,1 nm e quelli “duri” con una lunghezza minore.
Le proprietà di questi Raggi vengono sfruttate in diverse aree. Nella medicina, ad esempio, sono alla base delle radiografie. Ad energie molto elevate, essi vengono utilizzati anche nella cura e nella terapia di tumori. Inoltre, nel campo della radiochirurgia, permettendo interventi chirurgici di precisione non invasivi per il paziente.
La scoperta Raggi X: dai primi studi ad oggi
Per capire cosa sono davvero i Raggi X e come vengono utilizzati, dobbiamo parlare della loro storia. O meglio, della storia della loro scoperta. Era il 1887 quando Nikola Tesla iniziò a studiarli. Avvalendosi dei tubi di Crookes, l’esperto realizzò moltissimi esperimenti che portarono la comunità scientifica a capire tanto le loro potenzialità, quanto i rischi biologici connessi all’esposizione.
Fu poi il dottor Hermann von Helmholtz, fisico tedesco, a formulare una descrizione matematica dei Raggi, ipotizzando una prima rilevante teoria. Il chimico e fisico inglese William Crookes diede invece vita a quello che oggi chiamiamo “tubo radiogeno”, una tipologia di tubo a vuoto destinata alla produzione di Raggi X.
Il professor Heinrich Hertz e un suo studente, Philipp von Lenard, investigarono la loro capacità di penetrazione attraverso i metalli. Per quanto riguarda invece Rontgen, l’ingegnere e fisico a cui è attribuita oggi la scoperta dei Raggi X, sappiamo che l’8 novembre del 1895, mentre stava facendo degli esperimenti, fece qualcosa di incredibile.
Dopo vari studi e approfondite analisi, chiese alla moglie di mettere la propria mano tra il tubo e la pellicola speciali che stava utilizzando. Il risultato? Ottenne la prima radiografia della storia. Tra l’altro, l’8 novembre di ogni anno, si celebra a Giornata mondiale della radiologia, proprio per ricordare tale importantissimo episodio.
Il fisico chiamò i misteriosi raggi che avevano “stampato” la mano della moglie, “X” perché non sapeva esattamente cosa fossero. Negli anni successivi, lui e i suoi colleghi approfondirono vari aspetti e, nel 1901, Wilhelm Konrad Rontgen ricevette il Nobel.
Con il tempo poi furono diversi gli studiosi che si dedicarono allo studio dei Raggi X, tra scetticismo (soprattutto agli inizi) da una parte ed entusiasmo dall’altra. Ancora oggi ci sono migliaia di ricercatori che continuano ad indagare questo mondo.
Come funzionano?
In campo medico, i Raggi X vengono utilizzati per fare, in primo luogo, radiografie come le Tac. Per l’esame è necessaria una specifica apparecchiatura che permette ad un fascio ad alta energia di Raggi di essere assorbito da tessuti densi del corpo umano, come le ossa.
Il paziente si trova precisamente tra una pellicola e la macchina. Quest’ultima invia delle radiazioni che a loro volta permettono la creazione di un’immagina provocata da una speciale reazione chimica.
Il risultato è che, dove i Raggi X riescono ad attraversare il corpo, si hanno immagini nere. Dove invece l’energia viene assorbita (cioè le ossa), le immagini sono bianche.
Fanno male?
Giungiamo infine ad una domanda che in tantissimi si pongono: i Raggi X fanno male? La risposta è sì, ma solo se assorbiti in quantità eccessive per il corpo umano e su organi che hanno maggiore sensibilità rispetto ad altri.
Valutazioni, esami, terapie e altro ancora devono essere – proprio per tale motivo – definiti ed eseguiti solamente da dottori ed esperti del settore. I medici devono valutare, di volta in volta, le condizioni del paziente.
Da un lato bisogna tenere conto dei benefici, dall’altro non sono da dimenticare i possibili effetti collaterali. I Raggi X non sono assolutamente dannosi se utilizzati in maniera controllata e corretta.
Le quantità di radiazioni emesse in una singola radiografia è, in ogni caso, molto ridotta. Non desta dunque alcuna preoccupazione.