Primo gennaio ’99, primo gennaio 2024: l’anno che ci prepariamo ad accogliere si presenta già con una strana ricorrenza. Da un lato un compleanno, dall’altro le nostre nozze d’argento. Il nostro quarto di secolo con l’Euro. Il 1999 si aprì appunto con l’entusiastico annuncio del Consiglio Ue (allora Consiglio dei ministri europei) dell’entrata in vigore della moneta unica in 11 Paesi; nello stesso anno arrivò il debutto in Borsa; nel 2002, infine, la circolazione e l’arrivo definitivo nelle nostre tasche (più o meno…).

Un prestigioso compleanno: il 1 gennaio 1999 entrava in vigore l’Euro, nel 2002 partì la circolazione

E in quel 2002 da trascorrere tra equivalenze e foto ricordo con banconote di sempre più difficile reperimento (quelle da 200 e soprattutto 500 sono oramai a metà strada tra esseri mitologici e leggende metropolitane), l’euro catalizzò non poco le emozioni degli italiani. Dalla curiosità fino alla rabbia e fino a quei rimpianti populisti per gli strenui difensori del “Si stava meglio quando si stava peggio” e della “Cara vecchia lira”. Fin quando l’Euro non è stato automaticamente equiparato a quel vecchio adagio di Andreotti (serenamente disprezzabile, andrebbe detto) secondo cui “il potere (in questo caso il denaro) logora chi non ce l’ha”.

I vertici europei: “Un successo, ma il lavoro non è finito”

La presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen; insieme al presidente del Consiglio europeo, Michel; del Parlamento, Metsola; dell’Eurogruppo, Donohoe; e della Bce, Lagarde; oggi scrivono così:

Nel corso degli anni ci sono state sfide enormi, compresi i dubbi sul futuro dell’euro stesso. Ma ogni volta abbiamo trovato le risposte giuste, come il sistema armonizzato di vigilanza e risoluzione delle crisi bancarie o il Meccanismo europeo di stabilità. Oggi, il sostegno alla moneta unica da parte dei cittadini dell’area dell’euro è vicino a livelli record. Ma il nostro lavoro non è finito. Perché ci troviamo di fronte a nuove sfide che i Paesi Ue non possono affrontare da soli e i cittadini guardano all’Europa per trovare risposte.

Cosa è rimasto, però, della “profezia” di Ciampi?

Era proprio il primo gennaio 1999 quando Carlo Azeglio Ciampi, allora ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica per poi diventare quattro mesi più tardi Presidente della Repubblica, dichiarava solennemente:

La moneta, esercizio e segno di sovranità nazionale, diventa europea. È un’utopia che diventa realtà, un traguardo senza precedenti che è un passo decisivo verso un’unione politica e istituzionale sempre più stretta fra i Paesi europei. I conflitti drammatici che hanno dilaniato il nostro continente sono superati per sempre.

Sono tuttavia aumentate le emergenze in un quarto di secolo, prendendo finanche forme impreviste. Nella nota, i vertici continentali hanno parlato anche di guerra Russia-Ucraina (“che impone decisioni coraggiose”), crisi climatica (“che non si ferma alle frontiere”), difesa, transizione verde. E per il futuro parlano di “costruire un’autentica unione dei mercati dei capitali” e della necessità di portare la moneta unica nel digitale.

Fanno appello agli europei, usano parole come “insieme“, slogan come “l’unione fa la forza“, forse temendo il possibile terremoto che rappresenteranno le prossime elezioni. Le Europee del 2024, a 25 anni dalla nascita dell’euro e senza dimenticare la recente scomparsa di Jacques Delors. Mentre Michel sottolinea che l’euro ha portato “stabilità e sovranità“.

Circa due terzi degli europei – dicono – sono convinti che l’Ue sia un baluardo di stabilità.

Ebbene sì, la profezia di Ciampi non è purtroppo a portata di mano.