Davanti al gip del tribunale di Tempio, il 27enne Michele Fresi, finito in carcere per l’omicidio del padre 58enne nella notte del 28 dicembre scorso ad Arzachena, in provincia di Sassari, ha ripercorso gli attimi che hanno preceduto l’aggressione mortale, sostenendo di aver assunto massicce dosi di acidi e di cocaina e di essere convinto di essere circondato dagli alieni.

Michele Fresi, accusato dell’omicidio del padre ad Arzachena, davanti al gip

Assistito dall’avvocato Pierfranco Tirotto, Michele Fresi si è avvalso della facoltà di non rispondere alle domande del gip Marco Contu – che ne ha convalidato il fermo -, rilasciando comunque delle dichiarazioni spontanee.

Ho preso dieci acidi di Lsd poi, per annullare gli effetti, ho assunto un grammo di cocaina,

ha riferito, spiegando di non ricordare granché dell’aggressione mortale ai danni del padre, consumatasi nella notte del 28 dicembre scorso davanti a un locale di via Ruzittu, ad Arzachena. Sembra che l’uomo, gioielliere di professione, fosse intervenuto per calmarlo, quando sarebbe stato colpito con un bastone alla testa, riportando ferite letali.

Era morto poche ore dopo in ospedale. Il figlio a quel punto era già stato fermato e trasferito in caserma. Nel corso del suo delirio da stupefacenti avrebbe anche ferito una ragazza, fratturandole la mandibola, e due carabinieri intervenuti dopo la segnalazione dei proprietari del bar limitrofo alla sua abitazione.

Il motivo? Pensava che fossero degli alieni e che volessero attaccarlo: a causa del suo stato di alterazione psicofisica non era più in grado di distinguerne i volti. Al momento è detenuto in una cella del carcere di Nuchis, a Tempio, con le accuse di omicidio aggravato dal vincolo affettivo che lo legava alla vittima, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali aggravate dall’uso di un’arma.

Gli ultimi casi di parricidio saliti alla ribalta delle cronache

Sono diversi i casi di parricidio saliti alla ribalta delle cronache negli ultimi tempi. Si pensi a quello di Bolzano. Era l’inizio del 2021, quando Benno Neumair uccise, strangolandoli con una corda d’arrampicata, i genitori Peter e Laura nell’abitazione in cui era da poco tornato ad abitare dopo essere stato sottoposto a un Tso in Germania.

Oppure si pensi al delitto di San Martino di Lupari, a Padova. Era il 27 dicembre del 2022. L’ex vigilessa Diletta Miatello, di 51 anni, aggredì a morte il padre e la madre, colpendoli con un oggetto contundente e dandosi alla fuga.

Fu fermata a bordo della sua Fiat Panda rossa dopo l’allarme lanciato dalla sorella, che la mattina del delitto, non riuscendo a mettersi in contatto con i genitori, si era recata a casa loro, facendo la terribile scoperta e ipotizzando subito che nella vicenda potesse essere coinvolta la donna.

Oppure si pensi, ancora, al caso di Teramo, risalente allo scorso novembre: il 59enne Francesco Di Rocco colpì il padre Mario, di 83 anni, con un coltello da cucina, togliendogli la vita. Sembra che stessero litigando per futili motivi. A dare l’allarme erano stati alcuni vicini di casa, dopo aver sentito le urla dell’anziano, ex capostazione.

La strage di Brindisi

Si tratta di storie che scuotono, sconvolgono l’opinione pubblica. Come quella di Mirco De Milito, il 32enne di Brindisi che uccise la madre e ferì il padre con un’accetta, gettandosi poi da uno dei terrazzi dell’appartamento di famiglia, in via Luigi Errico. Sembra che tutti e tre avessero problemi di salute e che l’uomo fosse stato da poco sottoposto a delicati accertamenti clinici dopo aver perso il lavoro ed essere stato lasciato dalla compagna. È probabile che abbia visto nel gesto estremo l’unica via di fuga alle sofferenze che affliggevano lui e i suoi genitori.