In Argentina continuano le rimostranze contro il neoeletto presidente al punto da proclamare uno sciopero generale per il prossimo 24 gennaio 2024. La Confederazione Generale del Lavoro sposa le proteste contro il pacchetto di riforme progettato da Milei.

Argentina, sciopero generale 24 gennaio 2024: continuano le proteste contro Milei

L’Argentina prosegue con le proteste contro il nuovo presidente, al punto che la Confederazione Generale del Lavoro – la principale forza sindacale del Paese – ha indetto uno sciopero generale di mezza giornata per il prossimo giovedì 24 gennaio 2024, nel tentativo di dare un forte segnale di contrarietà verso le riforme del neo presidente Javier Milei.

Il segretario generale della CGT, Hector Daer, ha affermato che i motivi dello sciopero sono animati dalle proteste contro il decreto DNU e la legge omnibus pensate da Milei. Lo sciopero inizierà alle 12 e terminerà alla mezzanotte del 24 gennaio secondo quanto riportato da alcune fonti della Confederazione al quotidiano Clarín. Daer in conferenza stampa ha dichiarato che:

“Queste riforme puntano contro i diritti individuali dei lavoratori, contro i diritti collettivi, contro un sistema sanitario universale. Non c’è dialogo con il Governo”.

Alla mobilitazione è prevista la partecipazione, oltre che della CGT, anche di CTA, l’UTEP e tutti i movimenti sociali che si sentono danneggiati dal decreto DNU.

La data del 24 gennaio è stata scelta proprio perché cade nel giorno precedente all’approvazione delle riforme da parte del governo nazionale. L’ultimo sciopero generale convocato dalla centrale operaia è stato il 29 maggio 2019, sulla fine del governo di Mauricio Macri e prima delle elezioni in cui il presidente di allora si è scontrato con Alberto Fernández.

Il pacchetto di riforme del presidente Milei

Il presidente dell’Argentina Milei nei giorni scorsi ha inviato alla Camera dei deputati un pacchetto di riforme in cui chiede al Congresso di dichiarare lo stato di emergenza pubblica per quanto riguarda il sistema economico, fiscale e pensionistico. Le riforme riguardano anche la sicurezza, la difesa, l’energia e la sanità pubblica, da mettere in campo fino al 31 dicembre 2025.

Nel Decreto di necessità e urgenza (DNU) firmato la settimana scorsa, sono stati inseriti 664 articoli che insistono principalmente sulle riforme fiscali e che promuovono una linea più dura nel codice penale sulle misure da adottare contro le proteste. Inasprimenti delle pene per i delitti di resistenza alla pubblica autorità, mentre si riducono quelle sulla legittima difesa e sugli abusi da parte delle forze dell’ordine.

Nel pacchetto sono previste anche la chiusura del Fondo nazionale per le arti, l’Istituto nazionale del teatro e quello contro la discriminazione e la xenofobia. La nuova legge assesta un forte colpo anche in tema maternità, reintroducendo il concetto di vita “dal momento della concezione”, in contrapposizione alla depenalizzazione dell’aborto approvata nel gennaio 2020.