La vera storia della morte dei fratelli Cervi, partigiani fucilati a Reggio Emilia il 28 Dicembre 1943 dopo una rappresaglia per l’uccisione di un funzionario fascista.

Ad oggi molte persone conoscono il loro nome grazie alle numerose strade intitolate in loro memoria tutto il nostro Paese.

La storia della loro uccisione all’epoca fu una delle più conosciute tra quelle dei partigiani, perché fu uno dei primi eccidi commessi nel periodo della Resistenza e perché colpì molto duramente un’intera famiglia.

La vera storia dei fratelli Cervi: chi erano

I sette fratelli si chiamavano Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore. Insieme alle loro due sorelle, nacquero a Campegine, un piccolo comune in provincia di Reggio Emilia.

I genitori, Alcide Cervi e Genoeffa Cocconi, erano semplici contadini ma avevano cresciuto i loro figli cercando di elevare la situazione economica e culturale della famiglia, in particolare studiando le moderne tecniche agricole del periodo.

Alcide inoltre si era iscritto al Partito Popolare, considerato il partito precedente a Democrazia Cristiana e come i figli era un convinto antifascista.

Il più attivo nella politica, tra tutti i figli, era Aldo il terzogenito, che dopo aver fatto parte dell’Azione Cattolica si era avvicinato al comunismo.

Nel 1934 la numerosa famiglia Cervi si trasferì nel podere di Campirossi, un luogo che sorge tra le località di Campegine e il comune di Gattatico.

Durante gli anni seguenti la loro casa divenne un vero e proprio ritrovo per chi aveva idee antifasciste e un rifugio per oppositori al regime, avversi alla leva della Repubblica di Salò. Oltre che un nascondiglio per gli stranieri scampati alla cattura da parte dei nazisti e dei fascisti, tra cui anche diversi cittadini sovietici. 

Perché vennero uccisi

Dopo l’armistizio dell’8 Settembre i fratelli Cervi cominciarono ad organizzare alcune azioni contro i fascisti.

Poco tempo dopo Aldo Cervi insieme ai suoi fratelli, ad altri amici e al sovietico Anatolij Tarassov, salirono sulle montagne di Reggio Emilia, dove si stavano formando i primi Gruppi d’Azione Patriottica del Partito Comunista prendendoli d’assalto con azioni di guerriglia e spionaggio.

Il loro arresto avvenne il 25 Novembre del 1943 quando tutti e sette i fratelli Cervi si trovavano nella loro casa di Campirossi, insieme a genitori, mogli e figli.

In quel momento una squadra della Guardia Nazionale Repubblicana circondò la casa ordinando agli uomini di arrendersi e consegnare chi vi si era rifugiato al suo interno.

In pochi minuti i sette fratelli e il padre vennero arrestati e portati nel carcere politico dei Servi a Reggio Emllia.

Oltre loro la Guardia Nazionale arrestò anche il disertore Quarto Camurri, il partigiano Dante Castellucci, Tarassov e tre soldati sudafricani: John David Bastiranse e John Peter De Freitas (Jeppy) e l’irlandese Samuel Boone Conley.

I sette fratelli morirono fucilati la mattina del 28 Dicembre insieme al disertore Camurri.

Di fatto i giovani fratelli vennero uccisi per vendetta nei confronti dell’attentato mortale contro Davide Onfiani, un funzionario comunale di Bagnolo.

Il padre seppe della morte dei figli solo l’8 Gennaio, dopo il bombardamento del carcere in cui si trovava prigioniero.

L’onorificenza postuma dei fratelli

Dopo la fine della guerra, l’allora Presidente della Repubblica consegnò ad Alcide sette medaglie d’argento al valore militare, in segno di onorificenza postuma per il sacrificio dei suoi sette figli.

Il padre visse fino all’età di 95 anni e ai suoi funerali, tenutisi a Reggio Emilia, parteciparono ben oltre 200 mila persone. Tra questi anche diverse figure istituzionali e politiche. 

Nel 1955 Alcide divulgò la storia della sua famiglia nel libro “I miei sette figli” narrando le vicende che li hanno portati alla tragica morte.

Oggi, sono molte le strade intitolate alla memoria dei fratelli Cervi, tra cui a Reggio Emilia, anche un tratto della via Emilia, l’antica strada romana e oggi statale che collega Rimini e Milano.

La casa di Campirossi dove viveva tutta la famiglia ora è invece un museo dedicato alla storia dell’agricoltura, dell’antifascismo e della Resistenza.