La canzone dei sette fratelli cervi è stata raccolta recentemente nell’album “Appunti Partigiani” del 2005, e si intitola La pianura dei Sette Fratelli. Il brano rappresenta un potente omaggio ai sette intrepidi fratelli Cervi, vittime del regime fascista, fucilati il 28 dicembre 1943 a Reggio Emilia. Per la prima volta è stata scritta da un gruppo folk italiano nel 1995.

Fratelli Cervi, la canzone è un inno di Resistenza

Interpretata da diversi artisti, tra cui il gruppo musicale Modena City Ramblers  e il Coro delle Mondine di Novi per Il Seme e la Speranza (2006), questa melodia trascina l’ascoltatore attraverso le vicende tragiche ed eroiche di una famiglia legata da un destino di Resistenza.

I Cervi erano la classica famiglia di campagna reggiana, dedita ai valori della casa e al lavoro, comunista e conosciuta per essersi battutta nella causa antifascista.

Hanno prestato attenzione e rifugio, infatti, a diversi partigiani ed ex prigionieri politici, rimanendo spesso in contatto con i gruppi che combattevano per la libertà dal fascismo all’indomani dell’8 settembre del 1943. I sette fratelli Cervi, una volta scoperti, sono stati fucilati per essersi opposti con la loro militanza politica.

Sette fratelli Cervi: testo della canzone “La pianura dei sette fratelli”

La poesia intrinseca del testo evoca l’immagine della terra, dell’acqua e del vento, elementi che narrano la vita quotidiana dei sette fratelli. Riportiamo di seguito il testo:

E terra e acqua e vento
non c’era tempo per la paura,
nati sotto la stella
quella più bella della pianura
Avevano una falce
e mani grandi da contadini
e prima di dormire
un “padre nostro” come da bambini.

Sette figlioli sette
di pane e miele a chi li dò.
Sette come le note,
una canzone gli canterò.

E pioggia e neve e gelo
e fola e fuoco insieme al vino
e vanno via i pensieri
insieme al fumo su per il camino.
Avevano un granaio
e il passo a tempo si chi sa ballare,
di chi per la vita
prende il suo amore e lo sa portare.

Sette fratelli sette
di pane e miele a chi li do’.
Non li darò alla guerra,
all’uomo nero non li darò.

Nuvola, lampo e tuono
non c’è perdono per quella notte
che gli squadristi vennero
e via li portarono coi calci e le botte.
Avevano un saluto
e degli abbracci quello più forte.
Avevano lo sguardo
quello di chi va incontro alla sorte

Sette figlioli sette,
sette fratelli, a chi li do?
Ci disse la pianura:
«Questi miei figli mai li scorderò.»

Sette fratelli sette,
sette ferite e sette solchi:
ci disse la pianura
i figli di Alcide non sono mai morti

In quella pianura
Da Valle Re ai Campi Rossi
noi ci passammo un giorno
e in mezzo alla nebbia
ci scoprimmo commossi.

Il ritornello, scandito dalle note della canzone, celebra la numerosità dei fratelli e rivela il desiderio di condividere il loro pane e miele con chiunque sia in cerca di conforto. Sette, come le note. Il brano diventa un simbolo, una testimonianza della loro vita vibrante.

Chi ha scritto “La pianura dei sette fratelli”?

Il brano diventa così un inno alla resistenza e alla memoria. Attraverso le sue note e le sue parole, trasporta l’ascoltatore in un viaggio attraverso le valli, i campi e la nebbia.

A scrivere la canzone sono stati i fratelli Severini ( un gruppo folk rock italiano meglio conosciuto come GANG ) nel 1995.