Assegno di inclusione 2024, arriva la stretta sull’indennità che si perde se anche uno solo dei componenti della famiglia non lavora. L’Inps, infatti, oltre ad elencare i requisiti per la richiesta della nuova indennità che ha preso il posto del Reddito di cittadinanza, descrive le situazioni per le quali si può perdere l’assegno. E, dunque, basta anche che un solo componente del nucleo faccia il “fannullone”, che l’Assegno di inclusione viene ritirato per tutta la famiglia.
In effetti, come anche riportato nella circolare dell’istituto di previdenza numero 105 del 16 dicembre scorso, non hanno diritto all’Assegno di inclusione le famiglie in cui uno membro, sottoposto agli obblighi di adesione e partecipazione attiva alle attività formative, di lavoro e agli obblighi scolastici, non ottemperi a questi adempimenti.
Anzi, rimanga disoccupato, anche a seguito di dimissioni volontarie, a eccezione da quelle per giusta causa. Dopo aver dato le dimissioni, il divieto di accesso all’Assegno di inclusione ha una durata di un anno.
Assegno di inclusione 2024, come si perde l’indennità se anche uno dei componenti non lavora
Tutto pronto per il debutto dell’Assegno di inclusione dal 1° gennaio 2024, con domanda che si poteva presentare già a partire dal 18 dicembre scorso. Oltre ai vari requisiti per la richiesta dell’indennità che prenderà il posto, nel nuovo anno, del Reddito di cittadinanza, l’Inps elenca tutte le situazioni per le quali si perde il supporto. In particolare, la situazione personale anche solo di un componente può riversarsi su tutti gli altri membri del nucleo familiare, determinando la perdita dell’indennità stessa.
Ad esempio, nel caso di dimissioni volontarie di un componente, la famiglia non ha diritto a chiedere l’Assegno di inclusione. A eccezione del caso in cui le dimissioni siano date per giusta causa, infatti, la situazione di disoccupazione a seguito di dimissioni volontarie non è contemplata come compatibile con la richiesta dell’Assegno di inclusione.
Ciò ricade, in particolare, per i soggetti della famiglia che sono “occupabili”, ovvero per i membri sottoposti agli obblighi di adesione e di partecipazioni alle attività formative o di lavoro, nonché ad altre misure di politica attiva purché individuata nel progetto di inclusione lavorativa e sociale.
Assegno inclusione, come si perde per dimissioni volontarie dal lavoro
Nel caso di divieto di richiesta dell’Assegno di inclusione, il periodo da rispettare è pari a un anno, con decorrenza dal giorno in cui il soggetto abbia rassegnato le dimissioni volontarie. Oltre alle dimissioni per giusta causa, fa eccezione (e dunque si può richiedere l’Assegno di inclusione), la risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di licenziamento.
AdI e obblighi scolastici
Quello delle dimissioni volontarie non è l’unico passaggio incompatibile con la richiesta dell’Assegno di inclusione. Infatti, risulta incompatibile anche il non ottemperare agli obblighi scolastici per le famiglie nelle quali siano presenti soggetti tra i 18 e i 29 anni di età, nelle condizioni di essere abili al lavoro.
Per i soggetti di questa fascia di età, nel caso in cui non siano stati terminati gli obblighi scolastici, è necessario essere iscritti e frequentare corsi di istruzione per adulti di primo livello o funzionali all’obbligo scolastico. In caso di mancata frequenza a detti corsi, si prevede la decadenza dell’intera famiglia dalla fruizione dell’Assegno di inclusione.
Quando serve nuova Dsu e Isee?
Infine, nel caso in cui nel tempo intervengano variazioni nella composizione del nucleo, la famiglia deve presentare una nuova Dichiarazione sostitutiva unica (Dsu), che comporta una domanda di Indicatore della situazione economica equivalente (Isee) con la situazione aggiornata della famiglia. Tale passaggio è necessario per verificare la sussistenza dei requisiti per ricevere l’Assegno di inclusione. Nel caso in cui non si tratti di nascite e decessi, si può presentare anche una nuova domanda di Assegno di inclusione, in modo da adeguare quanto spetti di indennità.