Per DAC (Decentralized Autonomous Corporation o Decentralized Autonomous Community) si intende un’azienda che funziona in maniera totalmente autonoma sulla blockchain. Si tratta di una sottoclasse di DAO (Decentralized Autonomous Organization), formata da organismi societari che funzionano facendo leva sulle regole codificate all’interno di smart contract. In particolare, questo modus operandi riguarda i processi decisionali che avvengono al loro interno

Per cercare di capirne meglio funzioni, scopi e meccanismi di funzionamento, occorre però partire proprio dalle DAO, a loro volta diventate un tratto unificante per molte aziende operanti nel settore della blockchain.

Cos’è una DAC e in cosa differisce dalle DAO

Per DAC, si intende quindi un’azienda gestita da un gruppo di persone sulla base delle regole che sono contenute all’interno di un contratto intelligente. Ovvero, da software che vengono fatti girare all’interno di una blockchain.

Come si può notare immediatamente, ci sono molti punti di contatto, a partire dal nome, con le sempre più popolari DAO su cui si reggono molte aziende in ambito crypto. Oltre ai punti di contatto, però, ci sono anche delle differenze di non poco conto.

Proprio per questo occorre partire dal concetto di DAO, usando in tal senso la definizione che ne dette Vitalik Buterin, nel 2014. Il creatore di Ethereum, all’interno di un articolo intitolato “DAO, DAC, DA e altro: una guida terminologica incompleta”, pubblicato sul blog di Ethereum.org., ne fornì infatti la seguente definizione: “…un  soggetto che vive su internet ed esiste in modo autonomo, ma dipende anche in larga misura dall’assunzione di persone per svolgere alcuni compiti che l’automa non può fare.”

Trasportato sulla Ethereum Virtual Machine, questo concetto si traduce sotto forma di un insieme di regole implementate come codice in esecuzione sulla blockchain, dalle quali dipende il rilascio di fondi depositati al suo interno.

Una definizione di DAC

Da questo punto muove il concetto di DAC, che è stato proposto per la volta da Daniel Larimer, nel 2013. Questa la sua definizione, in un articolo dello stesso anno: “Le Autonomous Distributed Corporation funzionano senza alcun intervento umano sotto il controllo di una serie di regole aziendali incorruttibili. (È per questo motivo che devono essere distribuite e autonome). Queste regole sono implementate come codice open source pubblico verificabile e distribuite sui computer degli azionisti. Diventi azionista acquistando azioni della società o venendo pagato con quelle azioni per fornire servizi alla società. Queste azioni ti danno il diritto a una parte dei profitti, alla partecipazione alla sua crescita e/o a dire come funziona”.

Si tratta quindi di un vero e proprio modello di business. In una DAC, infatti, sono previste azioni da distribuire, le quali conferiscono ai detentori il diritto ai loro possessori a ricevere una parte dei proventi accumulati dall’azienda.

Una differenza notevole con la DAO, in cui il lucro non è istituzionalizzato. L’unico modo per poter guadagnare da quest’ultima non l’investimento, ma la partecipazione al suo ecosistema.

Come funziona una DAC

Da quanto detto sinora, è abbastanza chiaro come per Decentralized Autonomous Corporation (o Community) si intenda una vera e propria azienda. Cambia però il modello gestionale, che è eseguito in automatico, seguendo le istruzioni contenute da uno smart contract.

La proprietà digitale intelligente, programmabile e verificata, viene eseguita su una blockchain e il codice su cui si basa è open source, ovvero accessibile a chiunque. Le regole operative stabilite vengono applicate a tutti i partecipanti, su base paritaria. Non esiste quindi il concetto di amministratore delegato.

Il potere decisionale viene distribuito tra i vari nodi, ognuno provvisto di analoga autorità, come del resto gli eventuali proventi. Il tutto senza alcun possibile intervento umano a corrompere il codice decisionale e comportamentale deciso.

Pro e contro

Naturalmente, anche le DAC hanno pro e contro da valutare con attenzione, prima di decidere per una loro adozione, come è stato fatto da MetisDAO, il progetto fondato tra gli altri da Elena Sinelnikova, la madre di Vitalik Buterin.

Tra i vantaggi occorre ricordare in particolare l’automazione dei processi. Una volta stabilite le regole all’interno dei contratti intelligenti, l’intervento umano viene totalmente escluso. Sia per quanto riguarda i processi decisionali che per la gestione dei proventi.

Il modello che ne risulta, poi, è non solo decentralizzato, ma in grado di garantire una struttura in cui la cooperazione e l’uguaglianza non sono parole prive di significato reale.

Il maggiore problema è invece da ravvisare nella mancanza di un inquadramento giuridico cui fare riferimento. Le DAC, infatti, non sono al momento state prese in considerazione da istituzioni come la European Securities and Markets Authority (ESMA). La speranza è che tale lacuna possa essere colmata nell’immediato futuro.