A oltre un mese dall’omicidio della sorella Giulia, Elena Cecchettin, intervistata da una giornalista della trasmissione televisiva “Quarto Grado”, è tornata a dire la sua su Filippo Turetta e sul rapporto – ossessivo e morboso – che lo legava alla 22enne di Vigonovo, sia durante che dopo la loro relazione.

Le dichiarazioni di Elena Cecchettin sull’ex fidanzato della sorella Giulia

Lui aveva capito che minacciandola di farsi del male, di uccidersi, lei sarebbe rimasta là anche se non voleva,

ha dichiarato la sorella di Giulia Cecchettin a “Quarto Grado” riferendosi al 22enne di Torreglia finito in carcere a Montorio per aver ucciso a coltellate in “due atti di inaudita ferocia” – come li ha definiti il gip Benedetta Vitolo – l’ex fidanzata di Vigonovo.

Era la sera dell’11 novembre scorso. Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, Filippo Turetta avrebbe aggredito la giovane prima in un parcheggio a circa 150 metri dalla sua abitazione, poi nella zona commerciale di Fossò, nascondendone il corpo in un canalone nei pressi del lago di Barcis e dandosi alla fuga a bordo della sua Grande Fiat punto nera.

Ad agosto per volere della ragazza si erano lasciati a causa dei suoi comportamenti ossessivi. Giulia, infatti, avrebbe dovuto laurearsi, mentre lui era rimasto indietro con gli esami, arrivando a chiederle di aspettarlo affinché potessero raggiungere quel traguardo insieme.

Non solo. Sempre più spesso la controllava, rimproverandole il fatto di trascorrere “troppo tempo” con i familiari e con le amiche. Non si dava pace, insomma. E anche dopo la fine della loro relazione aveva continuato ad infastidire la 22enne, ricattandola emotivamente e costringendola a vederlo e a sentirlo, come lei aveva confidato alle amiche.

Filippo Turetta e il controllo ossessivo sulla vita di Giulia

Aveva tanti meccanismi subdoli di controllo su di lei,

ha spiegato ancora Elena Cecchettin, citando come esempio il fatto che spesso Turetta controllasse se davvero Giulia, come gli aveva detto, stesse dormendo, inviandole delle emoticons per verificare se i messaggi le arrivassero con una o due spunte.

Pensava, di fatto, che fosse di sua proprietà. E che di conseguenza potesse decidere al posto suo. Come quando insieme si erano recati nel locale in cui la 22enne avrebbe dovuto festeggiare con amici e parenti la sua discussione di laurea e aveva voluto parlare con il titolare come se fosse la sua festa.

Atteggiamenti che avevano portato Giulia Cecchettin all’esasperazione. Per questo i legali che ora assistono la sua famiglia, Stefano Tigani e Nicodemo Gentile, dell’Associazione Penelope, cercheranno di far riconoscere a Turetta l’aggravante dello stalking, oltre a quella dei motivi abietti.

Per il momento l’accusa è di sequestro di persona e omicidio volontario aggravato dal vincolo affettivo. Non è escluso però che gli inquirenti procedano con ulteriori contestazioni, come l’occultamento di cadavere e la premeditazione.

Le ultime notizie sul caso

Da diversi giorni l’auto di Turetta, arrivata in Italia dalla Germania a quasi un mese dall’omicidio, è al vaglio del Ris di Parma. Per ora all’interno dell’abitacolo gli esperti avrebbero trovato tracce di sangue e di terriccio, ma anche diversi oggetti sospetti, che andranno analizzati.

Oltre a una sim prepagata e a un paio di guanti, un coltello che il ragazzo potrebbe aver usato per colpire la 22enne, delle scarpe sporche e un telefono cellulare. Oggetti che potrebbero far pensare che Turetta avesse premeditato il delitto e la conseguente fuga.

Saranno gli inquirenti a confermarlo o meno, rispondendo agli interrogativi che ancora ruotano attorno al caso. Intanto Turetta resta in carcere nel Veronese. In occasione del suo compleanno è stato trasferito dall’ala psichiatrica sperimentale al reparto infermeria, dove è in cella insieme a un detenuto tra i 50 e i 60 anni di età che si è assunto l’incarico di tenerlo sotto controllo per evitare che compia gesti autolesionistici.