Avvocato con esperienza nel diritto sportivo nazionale ed internazionale. Ma anche docente di diritto sportivo presso l’Università di Pavia e insegnante in numerosi corsi di perfezionamento e master sia in Italia che a Madrid. E ancora: autore di svariate pubblicazioni e relatore in innumerevoli convegni e conferenze. Pierfilippo Capello vanta un curriculum di tutto rispetto, nel quale annovera una lunghissima esperienza in diversi procedimenti davanti agli organi di giustizia sportiva, sia nazionali che internazionali.
Per commentare la sentenza sulla Superlega, della Corte di Giustizia Europea, Capello, esperto di giustizia sportiva, figlio dell’allenatore Fabio, è intervenuto in esclusiva a Tag24.

Sentenza Superlega, il parere dell’avvocato Capello, esperto di giustizia sportiva a Tag24

21 dicembre 2023: un giorno che potrebbe segnare la storia del mondo del calcio. La sentenza della Corte di Giustizia Europea, nei confronti della Superlega è arrivata e rischia di cambiare per sempre le carte in tavola. I giudici chiamati a valutare, hanno decretato la violazione delle regole dell’Unione Europea in tema di concorrenza da parte di UEFA e FIFA, dando in sostanza una spallata pesantissima all’attuale governance del calcio europeo. Un abuso e regole illegali, questo dice la sentenza che aggiunge che nessun club potrà essere senzanzionato, in caso di partecipazione ad un torneo alternativo, non organizzato da UEFA e FIFA. Una sentenza che ha scosso il mondo del pallone. Immediate le repliche da parte di tutti i club e non solo. Per fare chiarezza e capire meglio cosa prevede la sentenza sulla Superlega, l’Avv. Capello, esperto di diritto sportivo, è intervenuto in esclusiva a Tag24.

Partiamo dall’inizio, qual è l’antefatto che porta alla sentenza della Corte di giustizia europea?

“Facciamo una premessa procedurale, che cosa è successo? La Uefa a un certo punto ha deciso di sanzionare, e quindi punire, alcune squadre che partecipavano alla vecchia Superlega. Questa, che poi ha cambiato nome, era una società di diritto spagnolo, con sede a Madrid che ha deciso di fare causa alla UEFA davanti al Tribunale di Madrid per contestare la punizione. Il Tribunale di Madrid, a un certo punto, si rende conto che si tratta di temi che investono norme di valore europeo e quindi ferma il processo e lo manda al Tribunale europeo, rinviando a loro la valutazione. Ora la Corte di Giustizia Europea rimanda tutto al Tribunale di Madrid che da domani potrà decidere in base a quella che è stata la sentenza odierna. È chiaro che da questa sentenza, molto probabilmente, si darà ragione alla Superlega”.

Capello: “La sentenza della Corte di Giustizia Europea non dà il via libera alla Superlega”

Che cosa dice la sentenza della Corte di Giustizia Europea?

“Specifichiamo che questa non dice se si può o meno fare la Superlega, perché non era questa la domanda di base. La causa di Madrid Infatti riguarda la facoltà e il potere, da parte della UEFA, di sanzionare chi vuole farsi una sua competizione. La Corte di Giustizia dice quindi che il modo in cui la UEFA sanziona, è illecito, perché è contrario a tutta una serie di principi. Questa è la parte del merito. Per arrivare a dare questa risposta però, la Corte prende in esame tutta una serie di fattori e dice cose importanti”.

Ad esempio?

“Nello sport esistono dei monopoli: la FIFA, la UEFA, le Federazioni. Il calcio però è diverso dagli altri sport, anche perché i calciatori sono delle piccole aziende e alcuni club sono addirittura quotati in borsa. Le Federazioni hanno un ruolo strano perché organizzano la competizione, distribuiscono i ricavi, sono delle media company, fanno le regole, e hanno al loro interno un sistema di giustizia. È evidente però che esiste un’industria del calcio, che impatta sul mercato europeo e quindi anche questa industria ne deve rispettare le norme. Il modo in cui la Uefa ipotizzava di sanzionare chi vuole organizzare una sua competizione autonoma, non è né corretto né proporzionato e chiaro. Siamo quindi in una situazione di abuso di posizione dominante”.

Qual è la parte rivoluzionaria?

“La decisione di per sé è piccola, ma quello che fa la differenza sono tutti i punti evidenziati. Ad esempio si dice che questo sistema impedisce ai club di organizzare in modo autonomo l’accesso alle risorse. Di base non si può trattare in maniera diretta con le televisioni o con gli altri media. Vengono, insomma, indicate tutta una serie di grandi problematiche”.

A livello pratico, molti definiscono questa sentenza rivoluzionaria come è stata la legge Bosman. Effettivamente sarà così?

“Credo sinceramente di sì, questa sentenza avrà un impatto sul calcio grande almeno quanto è stato il Bosman. Una delle conseguenze della legge Bosman fu l’inserimento della sport exception, ovvero l’eccezione sportiva. Questo spiega ad esempio perché un calciatore non può licenziarsi e cambiare società durante la stagione, ma solo in sede di calciomercato. La sentenza dice di fare attenzione, perché l’eccezionalità dello sport non deve essere interpretata in modo da permettere allo sport di non rispettare i principi sostanziali del mercato e della libera concorrenza. Questo riduce moltissimo la sport exception, su cui il sistema sportivo ha costruito il suo modello di business. Secondo me siamo in una fase in cui questa sentenza, unito al White Paper del governo inglese sul calcio, che tra un anno dovrebbe essere implementato, potrebbe cambiare il modo in cui il calcio viene gestito ed è stato gestito negli ultimi 100 anni”.

Il rischio di creare competizioni solo per le big del calcio internazionale

Il rischio è che i club grandi e blasonati possano creare competizioni chiuse e che i piccoli siano sempre più isolati?

“Con la Champions League oggi non è così? Guardiamo il palmares di tutti gli ultimi anni, vincono sempre le squadre grandi e blasonate. La competizione a cui facciamo riferimento dovrebbe essere competitor della Champions. Tra l’altro ci sono varie modifiche anche in questa competizione che dall’anno prossimo tutelerà ancora di più le grandi squadre. Si vuole evitare che i top club, che sbagliano due o tre partite, escano subito. È un rischio che c’è, certo, ma oggi la situazione è comunque simile”.

Quando si era ipotizzata la Superlega, avevamo letto che le squadre che partecipavano rischiavano di essere estromesse dai propri campionati. Questa è una via che sarà ancora percorribile?

“Gravina questa mattina ha ribadito questo principio, prima che uscisse la sentenza. La Corte di Giustizia ha detto alla UEFA che il modo in cui ha sanzionato chi si comporta male, non va bene. Non dice che non possono essere puniti, ma va modificata la procedura. Le Federazioni hanno recepito lo stesso principio. Adesso ci sarà da vedere se questo è congruo oppure no ed eventualmente se possono davvero estromettere i club”.

Quindi cosa può succedere?

“Ci sono due scenari possibili. Uno è la guerra di tutti contro tutti, nel senso che potrebbero aspettarci anni fatti di scontri in tribunale a tutti i livelli: europeo, nazionale, con la giustizia amministrativa, con il TAR piuttosto che con la giustizia europea e l’antitrust. Potrebbero esserci addirittura casi fatti apposta. Sarebbero anni di incertezza, da cui il calcio rischia di uscire con le ossa rotte. L’altra soluzione è che a un certo punto l’Unione Europea dica che devono esserci delle regole che permettano a questa industria, che è strategica, di continuare a funzionare non solo a livello più alto. L’obiettivo è quello di non far sparire tutto il calcio, che non è rappresentato solo dai top club. Il grande problema è che questo comporta un ingresso delle istituzioni e della politica ordinaria, dei Governi, nel mondo del calcio, che ha fatto finora dell’autonomia il suo pilastro principale”.