Dolore cronico, dal primo rapporto Censis-Grünenthal emerge che ne soffrono 9,8 milioni di italiani. Un problema molto spesso sottovalutato e che si ripercuote sulla qualità di vita, sul lavoro, con conseguenze negative sui costi sociali e della sanità pubblica. Analizzando il fenomeno gli esperti hanno sottolineato la necessità di istituire nuove campagne di sensibilizzazione, per informare i pazienti sulle nuove possibilità terapeutiche. Vediamo quali sono le nuove prospettive di prevenzione e cura.
Dolore cronico, ne soffrono 9,8 milioni di italiani
Pubblicato il primo rapporto Censis-Grünenthal sul dolore cronico, relativo al progetto “Vivere senza dolore”. quasi 10 milioni di italiani convivono con questo problema che risulta essere particolarmente invalidante con impatto sul benessere psicofisico, sulle relazioni sociali e sul rendimento lavorativo.
Una sintomatologia dolorosa che spesso viene sottovalutata anche quando si presenta con media o severa intensità. C’è infatti ancora troppa disinformazione in merito e i pazienti la maggior parte della volte sono costretti a sopportare la sofferenza isolandosi. Le statistiche dimostrano infatti che il dolore cronico incide negativamente sulla qualità di vita per il 67,8% degli intervistati.
La maggioranza afferma di aver dovuto affrontare problemi quotidiani, assenze dal lavoro e incomprensioni da parte di amici e familiari. E solo il 4% ha dichiarato di non avere effetti negativi. Un quadro che evidenzia una situazione per la quale c’è necessità di intervenire, con una campagna di sensibilizzazione, a partire dai medici di base. Che rappresentano un primo ostacolo secondo il 36,4% dei pazienti, perchè non riconoscono la gravità della patologia.
Costi per il SSN: 62 miliardi l’anno
Oltre alle conseguenze sul benessere dei pazienti, sia fisico che mentale, il dolore cronico è fonte di notevoli spese per il Servizio Sanitario Nazionale. I costi a carico dello stato infatti sono attualmente pari a 62 miliardi l’anno.
Come mostra il rapporto Censis, i costi inerenti al trattamento di questa patologia sono molto elevati. Tra quelli diretti come assistenza e cura e quelli indiretti, cioè le spese sociali e di mancata produttività.
Anche per i soggetti affetti dalla malattia e per i loro familiari, il dolore pesa, in termini economici sul bilancio familiare per il 65% del totale. Spese che incidono sul budget, specialmente per chi ha redditi particolarmente bassi e deve comunque affrontare visite, esami e sostenere l’acquisto di farmaci.
Convivere con il dolore cronico: l’impatto sulla qualità di vita
L’impatto del dolore cronico sulla qualità di vita è notevole. E soprattutto è un problema che spesso è sottovalutato da chi non è costretto a convivere con il problema. I pazienti infatti devono affrontare ostacoli e vincoli, anche nelle normali attività quotidiane. Per la maggior parte o la metà delle persone la difficoltà peggiore è l’attività fisica, il sollevamento di oggetti, passeggiare e dormire.
Ma le conseguenze negative si verificano anche a causa dei risvolti psicologici e nelle relazioni interpersonali, affettive, oltre che sul lavoro. Il 38% infatti dichiara di avvertire un senso di solitudine, ansia e depressione.
Mentre il 40% ha detto di aver avuto bisogno di permessi e certificati di malattia per assentarsi dal lavoro nei periodi più critici. L’11% ha ammesso di essere stato costretto a chiedere un cambio di mansioni o di aver abbandonato il lavoro. E l’1% di questi ha dovuto affrontare un licenziamento.
L’approccio terapeutico
Attualmente, per alleviare il dolore cronico esistono vari percorsi terapeutici. Questi vanno ovviamente valutati dallo specialista in base alla sintomatologia e alle cause del problema. Mentre nel dolore di tipo oncologico, la soluzione più efficace è quella della terapia del dolore con analgesici mirati, in quello cronico associato ad altre malattie, la cura deve essere individuata su più fronti.
Il trattamento quindi sarà personalizzato a seconda delle condizioni del paziente, affrontando anche il benessere psichico, senza sottovalutare, oltre al problema che ha provocato i sintomi, una eventuale disabilità psicologica o sociale derivata. Per questo la riabilitazione e la terapia dovrebbero essere inserite in un percorso multidisciplinare, al quale il paziente dovrà essere indirizzato direttamente dal medico di base.