Da circa un mese, il carcere di Verona Montorio è costantemente presente nelle cronache nazionali nel racconto della detenzione di Filippo Turetta, il 22enne responsabile dell’omicidio della sua ex fidanzata Giulia Cecchettin, divenuta presto un simbolo della lotta alla violenza contro le donne.
Come tanti istituti di detenzione del nostro Paese, tuttavia, la Casa circondariale di Verona meriterebbe di essere maggiormente raccontata non solo per i detenuti più o meno famosi che vi entrano, ma per far emergere quelle problematiche che richiederebbero soluzioni e risposte incisive da parte dello Stato.
Carcere di Verona, il rapporto di Antigone
Tra i segnali di un disagio crescente, ad esempio, vi è il fatto che solo nell’ultimo mese all’interno del carcere di Verona tre persone si siano levate la vita, testimoniando come, nella tutela della salute mentale dei detenuti che scontano una pena, ci sia ancora molto da lavorare.
Per capire quali sono i problemi che vive questo istituto, allora, può essere utile approfondire la recente visita compiuta nello stesso dall’associazione Antigone. A raccontarla a TAG24, in particolare, è Jessica Lorenzon, Osservatrice nazionale delle condizioni di detenzione degli istituti di pena per adulti e minori in Italia di Antigone, la quale puntualizza anche sulla realtà delle dibattute condizioni di detenzione di Filippo Turetta in carcere.
Carcere di Verona, la maggior parte delle celle maschili sono chiuse tutto il giorno
Lorenzon, quali sono gli esiti della visita di Antigone al carcere di Verona – Montorio?
«Le visite dell’Osservatorio di Antigone si focalizzano sia sulle strutture carcerali sia sugli aspetti legati al trattamento della popolazione detenuta.
Nella parte destinata alla detenzione maschile, la casa circondariale di Montorio presenta, dal punto di vista strutturale, delle condizioni definibili nella media. Gli spazi sono sufficientemente curati anche se ci sono delle problematiche in alcune sezioni, dove ci sono spazi grandi spazi con muffa o dove le docce sono presenti solo negli spazi comuni.
La maggior parte delle sezioni del carcere sono poi sezioni chiuse: questo significa che le celle vengono aperte solo in determinati momenti della giornata.
Questo tipo di gestione, dovuta probabilmente alla scarsa disponibilità di personale di Polizia penitenziaria e a valutazioni relative alla sicurezza, può far insorgere evidentemente dei problemi. In molte celle il fornello per cucinare si trova, ad esempio, accanto alla zona per i propri bisogni, determinando questioni relative non solo all’igiene, ma anche al rispetto della dignità personale.
Su questi aspetti, fortunatamente, la direttrice della Casa circondariale ha però espresso la volontà concreta di intervenire».
Carcere di Verona, buone le condizioni della detenzione femminile
«Per quanto riguarda gli aspetti strutturali della zona dedicata alla detenzione femminile, possiamo rilevare come la struttura sia in buone condizioni, almeno rispetto alla situazione in altre carceri di Italia. Con questo non intendiamo che la detenzione sia piacevole o dignitosa, ma semplicemente segnalare che rispetto ad altri Istituti ci sono condizioni strutturali meno problematiche.
Gli spazi non risultano sovraffollati, sono presenti aree per le lavorazioni e parrebbero esserci molti laboratori per le detenute. Alcune di loro ci hanno raccontato come siano adesso impegnate in attività di tirocinio retribuite che potranno proseguire, con un’offerta lavorativa, anche all’esterno dopo la fine della pena. Anche questo dato, sottolineo, deve essere rapportato alla complessità generale della situazione italiana, dove una quota bassissima di detenuti riesce a essere impegnata in attività lavorative pagate».
Il carcere di Verona è uno degli istituti con il maggior indice di sovraffollamento di Italia
A livello di presenze di detenuti, qual è la situazione nella Casa circondariale di Montorio – Verona?
«Nel carcere di Verona osserviamo una condizione di sovraffollamento molto importante: non a caso, l’istituto rientra tra i primi dieci in Italia per indice di sovraffollamento.
A livello maschile, peraltro, dobbiamo segnalare come in questa Casa circondariale il 60% dei detenuti siano stranieri, con un dato molto più alto rispetto alla media nazionale che si aggira sempre intorno al 30%. A fronte di questa complessità, tuttavia, i mediatori culturali sono praticamente assenti, con il risultato che sia dal punto di vista linguistico che quello prettamente soggettivo la mediazione tra i detenuti risulta problematica.
Con un sovraffollamento così importante e la presenza di così tante nazionalità, purtroppo, si determinano poi degli indicatori legati a un maggior rischio di suicidio all’interno dell’istituto».
Carcere di Verona, tre detenuti si sono levati la vita nell’ultimo mese
Nell’ultimo mese ben tre persone si sono levate la vita nel carcere di Verona. Cosa ci racconta questo dato?
«Sicuramente questi episodi parlano di un carcere dove non si sta bene. Noi sappiamo, guardando ai dati raccolti a livello nazionale, che la prima causa di suicidio in cella è proprio la detenzione stessa.
Guardando ai suicidi avvenuti purtroppo nell’istituto di Montorio nell’ultimo mese, vediamo come questi siano avvenuti in “linea” con quanto già rilevato dalle statistiche nazionali, le quali ci raccontano chiaramente come l’ingresso e l’uscita dal carcere siano i momenti più difficili dal punto di vista psicologico.
Personalmente, poi, devo dire di essere molto preoccupata per una situazione che ho osservato a Verona durante la visita».
Visita di Antigone nel carcere di Verona: le preoccupanti condizioni di salute di un detenuto
Può raccontarci?
«Durante il giro abbiamo visto una persona straniera detenuta sola in una cella. Già questo ci dice qualcosa: visto il sovraffollamento dell’istituto, il fatto che il detenuto sia solo significa che la condivisione della cella sarebbe per gli altri insostenibile.
Questa persona, comunque, non si alza quasi mai dal letto, non si occupa della sua igiene personale e non mangia o beve. Pur avendolo visto solo sotto la coperta, ne ho chiaramente travisto le sue ossa.
Gli operatori del carcere che hanno provato a interagire con questo detenuto ci hanno detto che lui mette un muro relazionale. Un’espressione che fa “sorridere”, quella del muro in un carcere. In ogni caso, le condizioni di salute di quest’uomo detenuto sono davvero critiche».
Carcere di Verona, numerose le criticità del reparto sanitario
Questa questione ci porta al tema della sanità nel carcere di Verona. Cosa può dirci?
«La sanità nel carcere di Verona risponde al sistema regionale e costituisce un’area separata rispetto a quella della direzione. Per quello che abbiamo potuto osservare, ci sono sicuramente delle criticità legate anche all’alto tasso di sovraffollamento e alla presenza di tanti detenuti nella sezione infermeria.
L’aspetto curioso che abbiamo rilevato è che nell’articolazione salute mentale del carcere di Verona non ci sono spazi per il personale sanitario. Lì e nella zona infermeria non abbiamo riscontrato personale presente, se non un paio di infermieri che con noi non hanno parlato.
Per quanto riguarda i medici, non sappiamo se sono stati avvisati della nostra visita. Quello che possiamo rilevare, pertanto, è che durante la nostra visita si è rilevata l’assenza di personale sanitario sufficiente alle esigenze dell’istituto».
Salute mentale in carcere: l’assistenza psicologica e psichiatrica nel carcere di Verona
Come sono i servizi per la cura della salute mentale nel carcere di Verona?
«Per quello che abbiamo potuto rilevare durante la visita, nel carcere di Verona non sembrano esserci le condizioni per una presa in carico delle emergenze e delle sofferenze individuali.
Quello che abbiamo appreso, infatti, è come a Montorio siano previste – a fronte di 584 detenuti – solo 18 ore settimanali di servizio psichiatrico e 58 di servizio psicologico. Numeri che sono dunque ben inferiori, seppur tenendo conto delle dovute proporzioni, delle 52 ore settimanali di assistenza psichiatrica e 88 per la psicologica che vengono erogate in media nelle carceri italiane.
Con questi dati, di conseguenza, possiamo aspettarci che la maggior parte dei detenuti non riesca ad accedere a un supporto psicologico o psichiatrico.
Gli agenti di polizia penitenziaria tentano di sopperire, gestendo magari dei colloqui con le persone che si presentano più fragili. Questo gesto è importante, ma è chiaro che si va al di là del mandato dell’agente che, peraltro, per occuparsi delle interazioni si deve magari allontanare da altre mansioni necessarie per mantenere la sicurezza in carcere».
Le condizioni di detenzione di Filippo Turetta nel carcere di Verona
Il carcere di Verona è particolarmente attenzionato, in questo periodo, per via della presenza di Filippo Turetta.
«Come Antigone non seguiamo i casi personali ma solo le condizioni generali e sistemiche degli istituti penitenziari italiani.
Su Turetta, tuttavia, ho avuto modo di leggere alcuni articoli di giornale in cui venivano fatte circolare delle voci circa una sorta di proposta punitiva per escluderlo dal diritto allo studio, qualora lui volesse continuare.
Queste ipotesi sono assolutamente incostituzionali. Nel caso del carcere di Verona, l’Università di Padova garantisce la possibilità di studio universitario a tutti i detenuti, al di là della nazionalità o del tipo di reato commesso.
La sola idea di escludere eventualmente Turetta da questo diritto sarebbe una scelta solamente di tipo simbolico, legata a un punitivismo e a una deriva forcaiola che non sarebbe accettabile».
Filippo Turetta in carcere a Verona, è giusto gli sia concesso l’utilizzo della playstation?
A livello di notizie le persone leggono delle privazioni nel carcere di Verona – e dei tragici suicidi – e allo stesso tempo della possibilità per Turetta di accedere alla playstation (anche se, sottolineiamo, in una sala comune dove tutti possono giocare). Cosa ne pensa?
«La direttrice del carcere di Verona è una persona con una formazione pedagogico sociale molto elevata. Per questo sta provando a offrire le occasioni trattamentali più ampie possibili ai detenuti, auspicando di poter allargare sempre di più questo tipo di servizi.
Quello che dobbiamo dire alle persone è che il fatto che i detenuti possano avere queste possibilità è un qualcosa da auspicare. Le carceri, ricordiamo, hanno sempre il fine di reinserire la persona nella società a seguito di un percorso che non deve essere solo ed esclusivamente punitivo.
Offrire dei momenti di svago, in questo senso, può essere davvero importante, anche solo per aiutare i detenuti a sopportare la noia che caratterizza la vita in carcere. Filippo Turetta non deve fare eccezione».