Chiusa la partita del Patto di stabilità entra nel vivo quella del Mes, un braccio di ferro delicato nel governo e nella maggioranza. L’epilogo è incerto, fra indiscrezioni su un possibile voto dietro l’angolo e quelle di un rinvio a gennaio. Le pulsioni di chi fa resistenza su un accordo da sempre tabù per il centrodestra (FdI e Lega soprattutto) fanno i conti con i ragionamenti di chi, come Giancarlo Giorgetti in primis, mette in guardia dagli effetti che una mancata ratifica del cosiddetto Salva-banche avrebbe sui titoli di Stato italiani. E in generale sulla credibilità di un Paese che si è impegnato a ratificarlo con il governo Conte ed è rimasto l’unico a non averlo fatto. Ancor più rischiosa, però, secondo questa corrente, sarebbe una bocciatura in Parlamento. Per questo si sottolinea come il termine del 31 dicembre è sì significativo, ma non perentorio. Ora il partito di Matteo Salvini pare il più irremovibile, e in quello di Giorgia Meloni non c’è né la volontà di aprire crepe, né di intestarsi in solitaria un’inversione a U. Per questo, salvo svolte nelle prossime ore, non sembrerebbero ancora esserci le condizioni per un voto in Aula, dove il provvedimento è al terzo punto dell’ordine del giorno della Camera. Un primo rinvio è arrivato in commissione Bilancio, chiamata ad esprimere l’ultimo parere sul disegno di legge di ratifica della modifica del Mes. “Una scelta indecente”, l’ha definita Luigi Marattin (Iv), sottolineando che alla seconda richiesta di chiarimenti della maggioranza, il Ministero dell’economia risposto che “nel caso assai remoto in cui venisse attivato il prestito dal Mes al Fondo Unico di Risoluzione non vi sarebbe un incremento apprezzabile delle probabilità che l’Italia debba versare quote di capitale”. La nota per il Pd “sconfessa il bluff della maggioranza”. Una telefonata fra Meloni e Salvini, raccontano fonti parlamentari, avrebbe aperto una giornata in cui la premier, dopo aver assistito in mattinata alla recita scolastica della figlia, non si è sentita bene. Tampone negativo, ma impegni annullati: conferenza stampa di fine anno slittata al 28 e telefonata al presidente della Repubblica Mattarella per fargli gli auguri e annunciargli l’assenza alla cerimonia con le alte cariche dello Stato nel pomeriggio al Quirinale.

L’Italia cede all’asse franco-tedesco

Sul fronte italiano ha regnato il silenzio sul Patto nelle ore precedenti all’Ecofin, con la modalità della videoconferenza che era fra i motivi dello scetticismo del governo in questi giorni. “Si parla solo quando c’è l’intesa, certe uscite pubbliche non aiutano”, l’osservazione con cui fonti dell’esecutivo confermavano il fastidio per la fuga in avanti di Francia e Germania prima del faccia a faccia fra i loro ministri delle finanze alla vigilia della riunione decisiva.