Meno di una settimana fa si è concluso il Consiglio Europeo di Bruxelles, al termine del quale sono stati ufficialmente aperti i negoziati di adesione all’UE per Ucraina e Moldova. La Georgia invece ha ottenuto lo status di candidato.

Qual è la situazione sull’allargamento dell’UE? La spiegazione

Si è concluso meno di una settimana fa il Consiglio Europeo, organizzato dal 14 al 15 dicembre a Bruxelles. Un vertice importante fra i ventisette Paesi membri dell’Unione Europea, a cui ovviamente ha partecipato anche l’Italia. Al termine dei lavori l’Assemblea ha pubblicato le proprie conclusioni, che hanno sancito l’avvio dei negoziati di adesione con Ucraina e Moldova.

Inoltre, la Georgia ha ricevuto lo status di candidato all’ingresso nell’Unione Europea mentre si attendono dei segnali differenti per l’avvio di negoziati con Bosnia e Macedonia del Nord. A fare un punto della situazione è stato il professor Michele Messina, docente di Diritto dell’Unione Europea presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Messina.

La questione dell’allargamento all’Ucraina

D. Professore, l’Ucraina sarà ammessa presto all’interno dell’Unione Europea?

R. “L’ultimo Consiglio Europeo ci ha consegnato un nuovo scenario per il futuro. L’apertura dei negoziati di adesione con l’Ucraina conferma lo status di adesione ottenuto nel 2022. Tutto ciò non significa che Kiev aderirà molto presto all’Unione Europea. Questa situazione può durare anche un decennio e quindi dipenderà tutto dallo stato di avanzamento. Sembra che i progressi dell’ordinamento giuridico ucraino procedano bene. È questo ciò che emerge dalle relazioni preliminari della Commissione Europea”.

L’approccio della nuova Commissione Europea

D. Che approccio verrà usato da parte della Commissione Europea secondo lei?

R. “Bisognerà tener conto di quale Ucraina entrerà a far parte dell’Unione Europea. Siamo di fronte ad un Paese assolutamente devastato, sia dal punto di vista economico che territoriale. È chiaro che la Commissione dovrà valutare l’ottemperanza ai criteri anche in base agli eventi che stanno accadendo. Sarà da capire l’approccio che l’UE userà nei confronti di Kiev. Queste incognite saranno svelate nel futuro”.

Il ruolo del Parlamento che verrà eletto nel giugno 2024

D. L’elezione del nuovo Parlamento Europeo prevista per il 2024 che ruolo giocherà?

R. “Questi negoziati di adesione arrivano in momento storico importante per l’Unione Europea. Siamo alla fine di una legislatura e in prossimità delle elezioni del Parlamento Europeo, che nel 2024 porteranno anche all’elezione di una nuova Commissione. Bisognerà capire quale Commissione uscirà fuori dal nuovo Parlamento e che metodi utilizzerà nei confronti dell’ammissione dell’Ucraina. Non bisogna dimenticare il veto posto dall’Ungheria di fronte all’approvazione di nuovi finanziamenti a Kiev. Il primo ministro ungherese Orban fa parte di un solido blocco che si teme possa avere una posizione maggiore dentro il Parlamento”.

La strategia per i confini ad Est dell’Unione Europea

D. L’allargamento ad Est indica una strategia precisa da parte dell’UE?

R. “Queste scelte sono frutto di una strategia unica da parte dell’Unione Europea. L’intenzione è quella di espandere i propri confini ad Est, proprio per evitare fonti di nuovi conflitti che hanno caratterizzato gli ultimi due anni della nostra storia. Ciò che si vuol far è cercare di ripacificare il territorio dell’UE. Il disegno è senza dubbio chiaro. L’Unione a mio avviso ha intenzione di completare il processo di allargamento iniziato nei primi anni Duemila. È chiaro che vi siano anche degli interessi economici in questo allargamento. Non dimentichiamoci che l’Ucraina è un paese ricco di materie prime, che può tornare utile all’Unione in nuovi settori”.

L’allargamento ai Balcani Occidentali

D. A che punto è l’ampliamento ai Balcani?

R. “La questione balcanica è più legata al rispetto di alcuni criteri di ammissione. I negoziati di adesione di Serbia e Montenegro risalgono a qualche decennio fa. Alcuni Stati membri sono stati sempre favorevoli all’allargamento ai Balcani. Altri un po’ meno. Il problema di quest’area concerne altri criteri riguardanti l’adesione. Il problema di questi paesi, al netto di quelli economici, è soprattutto quello legato alla corruzione. Un discorso che riguarda anche la Bosnia e del Kosovo, di cui si è parlato anche di un’ammissione in futuro. Il discorso però riguarda anche la Georgia, che ha un forte problema di corruzione nonostante abbia ottenuto lo status di candidato”.

La necessità di nuove riforme in ambito europeo

D. Oltre all’allargamento secondo lei sono necessarie delle riforme interne?

R. “La volontà dell’Unione Europea è quella degli Stati Membri. Sono loro a guidarla attraverso l’unanimità. Se i Paesi decidono che nuovi componenti debbano entrare a far parte dell’Unione lo faranno a prescindere dai criteri. Si tratta di una decisione politica. L’allargamento dell’Unione Europea pone un problema di sostenibilità nelle decisioni da prendere. Questo tema è stato affrontato in questi giorni, dato che l’allargamento a Ucraina, Moldova e Georgia dovrà procedere di pari passo con la riforma dei trattati. Modifiche che riguarderanno il sistema di voto in Consiglio. Se l’unanimità rimarrà il sistema di voto prevalente in alcuni ambiti, l’Unione Europea diventerà ingovernabile. Già oggi vi sono numerosi problemi al riguardo. Con l’ingresso di nuovi Stati la questione si farebbe più grave. Ben venga il patto tra Germania e Francia che tende all’estensione della maggioranza qualificata come sistema di voto esclusivo da un certo punto di vista. Certe nicchie di unanimità bloccano le decisioni strategiche più importanti. Il principio del voto a maggioranza rispetto a questi meccanismi obsoleti deve prevalere”.

L’avvicinamento Italia-Albania e i benefici per Tirana

D. L’avvicinamento dell’Italia all’Albania può favorire l’ingresso di Tirana?

R. “Siamo sempre all’interno delle decisioni strategiche. Gli interessi dell’Italia in Albania sono sempre stati importanti, senza colorazioni politiche. L’avvicinamento di Roma a Tirana oggi è dettato dai forti interessi delle aziende che hanno investito fin dalla fine degli Anni Novanta in Albania. Adesso si vuole mettere a frutto ancor di più il lavoro svolto. Il ruolo dell’Italia può essere importante ma io attenderei le nuove elezioni. Ho l’impressione che questa Commissione Europea sia stata abbastanza clemente nei nostri confronti. Gli interessi reciproci di Bruxelles e Roma hanno portato ad un forte avvicinamento. Aspetterei di capire che peso avrà l’Italia all’interno dell’Unione Europea dopo la tornata elettorale”.

L’eterna questione dell’ammissione turca

D. La Turchia aderirà mai all’Unione Europea?

R. “Magari sarò smentito dai fatti ma credo che la Turchia non verrà mai ammessa all’Unione Europea. Parliamo di un paese di confine nonché di un ottimo partner esterno. Lo hanno dimostrato le ingenti somme che Bruxelles ha elargito nei confronti di Ankara per la gestione dell’immigrazione. La Turchia rimarrà un paese terzo dal mio punto di vista, la differenze con l’UE sono cospicue. Non dobbiamo perdere di vista i criteri per l’ammissione. Ankara è lontana su molti fronti, non solo quello giuridico-legale. La Turchia ci ha abituati a violazioni dello stato di diritto, di libera manifestazione del pensiero e quant’altro. Anche dal punto di vista economico e geografico ci sono alcune problematiche. Non dimentichiamoci anche dei veti in sede UE. Penso che la Grecia non voterà mai l’ammissione della Turchia, che in ogni caso rimane un ottimo cuscinetto ad Est. Il veto storico di Atene verrà confermato. L’Unione Europea non necessita di ampliarsi a dismisura”.