Ergastolo per Shabbar Abbas e per la moglie Nazia Shaheen, ancora ricercata in Pakistan; 14 anni di carcere per Danish Hasnain: queste le condanne emesse dai giudici della Corte d’Assise di Reggio Emilia nei confronti dei genitori e dello zio di Saman, la ragazza pakistana uccisa a Novellara per aver rifiutato un matrimonio combinato. I due cugini, Noumanoulaq Noumanoulaq e Ikram Ijaz, sono stati invece assolti e verranno immediatamente liberati. Alla lettura della sentenza sarebbero scoppiati in lacrime.

Le dichiarazioni del padre di Saman Abbas prima della lettura della sentenza di primo grado

Dopo le repliche delle difese, nel corso dell’ultima udienza del processo per l’omicidio di Saman Abbas, tenutasi questa mattina, il padre Shabbar aveva deciso di rilasciare delle dichiarazioni spontanee, sostenendo, in lacrime, di non aver neanche mai pensato di uccidere la figlia.

Insieme alla moglie Nazia, allo zio e ai due cugini della 18enne, era accusato di averla strangolata e averne gettato il corpo in una fossa scavata per almeno sei volte nei pressi di un casolare abbandonato. Il motivo? Il rifiuto, da parte della ragazza, di sposare l’uomo che i familiari avevano scelto per lei e che in cambio avrebbe dato loro una somma di circa 15 mila euro.

Ad incastrarli è stata la testimonianza, importantissima, di Ali Heider, all’epoca dei fatti 16enne. Ascoltato in aula, il ragazzo ha ripercorso gli attimi in cui la sorella fu uccisa dopo essere stata attirata in una trappola, con la promessa che, se fosse tornata a casa – dopo essere fuggita con l’allora fidanzato, Saqib Ayub -, avrebbero accettato ogni sua decisione, inclusa quella di vestire all’occidentale.

Saman voleva solo essere come le altre ragazze della sua età. Da poco, invece, era stata addirittura costretta a lasciare la scuola, anche se il padre ha sempre sostenuto che fosse stata una sua scelta. Stamattina in aula l’ha definita “intelligente, ma bugiarda”, dichiarando che quasi tutto ciò che è stato riportato sul suo conto è una falsità.

Quali erano le richieste dell’accusa per i cinque familiari

Per Shabbar Abbas e per la moglie – che di recente, attraverso dei suoi conoscenti, aveva cercato di convincere il figlio Ali a non testimoniare (vicenda su cui è stato aperto un apposito fascicolo di inchiesta) –  la Procura aveva chiesto proprio l’ergastolo.

Per Danish, sospettato di essere l’esecutore materiale del delitto, la richiesta era stata prima di 30 anni di reclusione, poi di 26. Si era infatti messo in luce come l’uomo avesse collaborato con la giustizia, permettendo agli inquirenti il ritrovamento del cadavere della nipote, scomparsa oltre un anno prima. Stessa cosa era avvenuta per i suoi cugini, considerati “meri esecutori degli ordini” del primo.

I loro avvocati difensori hanno più volte messo in dubbio, nel corso del processo, la validità delle dichiarazioni rese da Ali. Anche questa mattina, il legale Liborio Cataliotti, che difende Danish Hasnain, lo ha ripetuto, sostenendo che la sua versione “manca di linearità logico-espositiva”.

La stessa Corte si era interrogata sull’utilizzabilità delle sue testimonianze. Secondo i giudici, infatti, Heider avrebbe dovuto essere indagato al pari degli altri parenti. È stato il Tribunale per i minori a decidere di non farlo, fidandosi di lui e del suo racconto. Racconto che, stando alle sue parole, avrebbe fatto con il solo intento della verità.

Lo scorso novembre, dopo tutti gli accertamenti del caso, la salma della sorella era stata riconsegnata dall’autorità giudiziaria alla famiglia. Sarà lui ora a decidere come e quando darle degna sepoltura. Dei costi delle esequie si occuperà il comune di Novellara, che ha fatto sapere che farà in modo che la storia di Saman non venga dimenticata.