Ci sono storie di Natale che sono storie di Natale meno o forse più di altre. Perché sono storie di solitudine, di persone che ti passano accanto con lentezza disarmante. O forse non sono queste persone a essere lente, piuttosto è un mondo intero ad andar veloce. E si ferma, si guarda indietro, solo per le classiche frasi di circostanza.

La storia di “Mario”, che parla di Natale e solitudine

“Mario” è un anziano che vorrebbe tanto vincerla quella lentezza. Gli anni però sono quelli che sono – “più di ottanta“, riferisce qualche vicino – e il suo unico alleato è un bastone che sembra un tappeto magico. Nel senso che lui ci si mette su e questo “vola”, lo trasporta dove lui desidera. Che poi però è quasi sempre un posto soltanto: il discount dietro l’angolo.

“Mario” è scritto così, tra virgolette, perché lui e io non ci siamo mai presentati. Il vero nome l’ho appreso oggi, dopo che due angeli custodi lo hanno sollevato da una sedia a rotelle, per farlo distendere su una lettiga del 118. Altrimenti lo vedo sempre attraverso la finestra, mentre prendo il caffè. Mario che esce di casa, Mario che torna. Il ritmo lo dà il bastone, battendo sul cemento e sul marciapiede dove qualcuno ha avuto “cura” di depositare la cacca di Fuffi.

Oggi, anziché Mario, da dietro la finestra di questo appartamento in zona Pigneto, a Roma, ho visto il braccio di un’autoscala dei Vigili del Fuoco. Pompieri della squadra Tuscolano e veicolo del distaccamento Nomentano. “C’è un anziano caduto in casa“, mi hanno spiegato mentre noialtri eravamo tutti col naso insù, verso il quarto piano del palazzo da dove vedo solitamente entrare e uscire Mario. Tutti a bocca aperta, mentre quelle persone in divisa compivano gesti studiati che per loro sono sinonimo di normalità.

Il braccio meccanico è arrivato fin su al quarto piano, scaricando gli uomini sul davanzale della finestra dell’appartamento accanto e sul balcone della casa dell’anziano. Tempo cinque minuti e gli uomini con la scritta “Vigili del Fuoco” hanno raggiunto la persona in difficoltà.

Poi è toccato ai colleghi soccorritori del 118. Proprio a quel punto ho visto Mario. Lo chiamavano col suo vero nome ed era adagiato appunto su quella lettiga, poco lontana da me. L’ho anche sentito, Mario. Ha detto: “Ragazzi, grazie“. “Devi ringrazia’ a lui, mica a me”, ha detto l’altro schermendosi e indicando il collega. “Vabbè, che significa? Tutti e due”. “Tu però da solo non ci puoi sta’, lo sai?”, gli ha detto affettuosamente l’altro, abbassando il tono della voce. “Ma lo sai quanto prendo di pensione?”

Ad aiutare “Mario” gli angeli custodi Vigili del Fuoco e 118

Mario è un guerriero. Certe volte, incurvato sul bastone, sembra come quei ciclisti che fendono l’aria in discesa, aerodinamici. E allora è bello pensare che la sua lentezza sia in realtà un eccesso di velocità. Cose che noialtri col naso all’insù ancora non possiamo capire. Sì, è bello pensarla così perché è un alibi e gli alibi fanno sempre comodo. A pensarci bene, questa storia non ha proprio senso. Banale e comune (troppo comune) com’è.

Sul tema solitudine, Tag24 vi ha spiegato alcune cose importanti e vi ha purtroppo raccontato della triste storia di due sorelle di Recanati.