Cos’è la sindrome di Turner? Si tratta di una malattia genetica congenita causata dall’alterazione numerica o strutturale del cromosoma sessuale X che colpisce circa 25-50 donne su 100.000.

La maggior parte delle persone ha infatti nel proprio corredo genetico 46 cromosomi di cui 2 sessuali (46, XX nelle femmine e 46, XY nei maschi), le persone con sindrome di Turner invece ne possiedono solo 45.

Cos’è la sindrome di Turner: come si trasmette

La trasmissione di questa sindrome non avviene tramite i genitori né può passare da madre a figlia poiché le donne affette da questa patologia molto raramente possono concepire.

Esclusa, dalle varie ricerche anche la trasmissione causata da un rischio ambientale che al momento non sembra in grado di generare tale anomalia cromosomica.

La metà delle donne affette presenta la coesistenza nello stesso soggetto di cellule con cariotipo femminile normale e di cellule con un solo cromosoma X. In questi casi il cariotipo di queste persone viene indicato come 45, X/46, XX.

Solitamente questa sindrome rappresenta una condizione che colpisce più organi e per questo, ha bisogno di una gestione legata a più discipline presso un centro specializzato di Endocrinologia.

I sintomi

I sintomi della sindrome di Turner variano da paziente a paziente anche in base al tempo. Generalmente, sebbene con alcune eccezioni, le pazienti affette da mosaicismo hanno un quadro clinico più lieve.

Tra i sintomi di questa patologia possiamo trovare una serie di alterazioni fisiche, che sono evidenziabili già durante i primi anni di vita come:

  • Collo corto;
  • Ptosi, ovvero le palpebre cadenti;
  • Orecchie basse e padiglione auricolare prominente;
  • Petto ampio e capezzoli notevolmente distanziati l’uno dall’altro;
  • Bocca a pesce e palato alto e iperconvesso anche detto ogivale);
  • Unghie strette e rivolte verso l’alto;
  • Presenza di molti nei;
  • Attaccatura bassa dei capelli nella parte posteriore della testa;
  • Mandibola piccola e spostamento all’indietro della mascella;
  • Dita, sia di mani sia di piedi, più corte del normale;
  • Il piede piatto.

Importante poi segnalare che circa nel 95% dei casi, le bambine affette da questa sindrome presentano un rallentamento della crescita. Ciò avviene soprattutto intorno ai 4-5 anni che le farà raggiungere una statura significativamente inferiore rispetto alla media e al loro potenziale genetico.

Infatti l’altezza media dei soggetti non sottoposti a nessuna terapia si aggira intorno ai 140-142 cm.

Un altro segnale da non sottovalutare legato a questa patologia riguarda l’insufficienza ovarica che in molte bambine provoca segni di inizio della pubertà oppure un blocco molto repentino con conseguente arresto dei cicli mestruali.

Solo il 7% di chi soffre di questa patologia infatti potrà portare avanti una gravidanza, dato che la maggior parte di loro è di fatto sterile.

Spesso le bambine affette da sindrome di Turner presentano anche la tendenza all’obesità che frequentemente, in età adulta può persino portare alla possibilità dello sviluppo di diabete mellito di tipo 2.

Infine, un’altra problematica da non dimenticare è che chi soffre di questa malattia genetica può sviluppare una predisposizione ad altre malattie, come la tiroidite cronica di Hashimoto.

Cos’è la sindrome di Turner: come si cura

Come avviene, per quasi tutte le malattie genetiche non esiste ancora una cura specifica che sia in grado di risolvere la problematica legata alla sindrome di Turner anche se è comunque possibile curare alcuni aspetti del quadro clinico.  

Alcune cure si basano su una vera e propria terapia a base di ormoni della crescita, che hanno lo scopo di correggere anche solo in modo parziale il possibile deficit staturale.

La terapia con questi ormoni va iniziata appena si riscontrano evidenti segni di rallentamento della velocità di crescita o una bassa statura ben al di sotto della media.

L’altezza di un paziente adulto trattato con questo tipo di cura è di ben 7 cm maggiore rispetto alle pazienti non trattate. Importante però sempre tenere a mente che i risultati possono variare in base alla risposta individuale del soggetto.

Perché la somministrazione della terapia degli ormoni della crescita sia efficace, è fondamentale iniziare il trattamento tempestivamente.

In alcuni casi è anche possibile risolvere il problema dell’insufficienza ovarica nelle piccole pazienti. Basterà infatti sottoporsi ad una terapia ormonale steroidea sostitutiva, che potrà iniziare con estrogeni a dosaggi molto bassi verso gli 11-12 anni di età, aumentando poi gradualmente la dose con il tempo.