Quando è stato fermato per l’omicidio della madre Fiorenza Rancilio, consumatosi a Milano la mattina del 13 dicembre scorso, il figlio Guido, visibilmente alterato, “le girava intorno e farfugliava”. A raccontarlo è stato il fratello della 73enne, tra i primi ad entrare nell’appartamento di via Crocefisso dopo l’allarme lanciato da una collaboratrice domestica della famiglia.
Oggi l’interrogatorio del figlio di Fiorenza Rancilio, uccisa a Milano
Il 35enne accusato di aver ucciso la madre è attualmente ricoverato e piantonato h24 al Policlino di Milano, dove oggi sarà interrogato dal gip Giulio Fanales. Stando a quanto riporta La Repubblica, sarebbe ancora sedato. È molto improbabile, quindi, che possa fare chiarezza su quanto accaduto la mattina del 13 dicembre scorso.
Del resto, quando è stato fermato, agli inquirenti non ha voluto dire niente. Era stato trovato dallo zio Cesare, fratello della vittima, nel salone in cui giaceva il corpo senza vita della madre Fiorenza: gli “girava intorno riferendo parole incomprensibili”, secondo qualcuno “viva la libertà”. A dare l’allarme era stata la collaboratrice domestica della famiglia.
Arrivata – come faceva sempre – per lavorare, la donna aveva trovato le porte dell’abitazione sbarrate e aveva cercato invano di mettersi in contatto con la 73enne. Il fratello l’aveva quindi supplicata di trovare un modo di entrare “anche a costo di sfondare la porta”: era a conoscenza dei gravi problemi psichici di cui è affetto il nipote e temeva il peggio.
Quando insieme a un tuttofare del palazzo la domestica aveva trovato una via d’accesso all’appartamento, la terribile scoperta. L’aggressione si era consumata già da qualche ora, secondo gli inquirenti: Guido Pozzolini Rancilio avrebbe colpito la madre alla testa con il manubrio da palestra color porpora e macchiato di sangue rinvenuto accanto al cadavere, avvolto in un piumone.
Il movente
Secondo il gip che ha convalidato l’arresto del 35enne, il movente del delitto sarebbe da individuare “nei rapporti esistenti tra madre e figlio, rovinati dalla patologia sofferta dall’indagato” (la schizofrenia). Una patalogia abbastanza grave, che per almeno tre volte – in passato – l’avrebbe costretto al ricovero: dal 26 marzo all’8 aprile 2014, dal 6 al 14 dicembre 2021 e dal 14 gennaio al 21 marzo di quest’anno.
La perizia psichiatrica
Per volere del legale che assiste il 35enne fermato per omicidio, l’avvocato Francesco Isolabella, sull’uomo il pm di turno ha già disposto una perizia psichiatrica. Servirà a capire se al momento dei fatti, attorno alle 7 del 13 dicembre, il discendente del costruttore Gervaso e nipote di Augusto Rancilio, il giovane architetto rapito dalla ‘ndrangheta nel 1978 – fosse capace di intendere e di volere oppure no, perché in preda a una delle sue crisi psichiatriche. Di sicuro aveva assunto benzodiazepine e clozapina.
Nel caso in cui dovesse essere riconosciuto infermo di mente, Rancilio non sarebbe imputabile. In caso di seminfermità potrebbe invece andare incontro a uno sconto di pena, come è successo di recente ad Alberto Scagni, il 42enne condannato a 24 anni e 6 mesi di carcere per aver ucciso la sorella Alice a Quinto, in provincia di Genova. Era il primo maggio del 2022.
L’uomo, affetto da diversi problemi di natura psichica, si era presentato sotto casa della 34enne e, dopo averla aspettata, le aveva teso un agguato, colpendola con un coltello che aveva portato con sé. Il giorno successivo avrebbe dovuto essere visitato da un esperto della Asl. Da mesi infatti i genitori mettevano in guardia medici e autorità sulla sua pericolosità, senza essere presi sul serio.
L’accusa aveva chiesto ai giudici di riconoscergli l’ergastolo. Essendo stato riconosciuto seminfermo ha evitato, alla fine, il massimo della pena.